mercoledì 16 settembre 2015

Don Vincenzo De Michele - Parroco di S. Pietro Ap. dal 1902 al 1939



 
Don Vincenzo De Michele – con Bolla Vescovile del primo maggio 1902 alla quale fu dato il Regio Placet il 3 luglio successivo, fu nominato Arciprete Parroco della Chiesa San Pietro Apostolo di Palagianello dal 1902 che lasciò nel 1939.
Morì in Massafra il 12 novembre 1953.
Dell’Arciprete De Michele, il quale, peraltro, nel lontano 1935 mi battezzò, mi piace riportare aneddoti comportamentali testimoniati da anziani, mentre per quanto riguarda la “causa” intentata contro il Comune di Palagiano vi è prova documentale.


Zero in democrazia meno zero in cristianesimo
Mi piace riportare quanto Mons. Prof. Don Giuseppe Buttiglione, Parroco della Chiesa San Pietro apostolo di Palagianello dal giorno 11 febbraio 1940 al 1958, ebbe a scrivere, a proposito della morte del Parroco De Michele, su “Il Vessillo” del 6 gennaio 1954 che riproduco in allegato-
Il vetro rotto della finestra della sagrestia.
Ci piace pure ricordare qualche aneddoto fra i tanti quello narratomi da mia nonna materna, Maria Giuseppa Lippolis, che fra il 1920 e il 1925 abitava al civico 19 di  Piazza Centrale, come allora era denominata l’attuale Piazza De Gasperi, quindi nelle immediate adiacenze della Chiesa Parrocchiale.
Con Don Vincenzo De Michele abitava la sorella, maritata Pedone, la quale nonostante la numerosa prole aveva funzione di “perpetua”.
Un giorno fra i tanti ragazzini che giocavano in piazza nei dintorni della Chiesa, qualcuno lanciò una pietra rompendo i vetri del finestrino della sagrestia.
Al che il sagrestano si precipitò ad avvisare Don Vincenzo dell’accaduto.
Don Vincenzo non conoscendo l’autore del “misfatto” invitò il sagrestano perché della spesa per la sostituzione dei vetri se ne facesse carico l’autore (fallu pajè) a questa esclamazione il sagrestano che conosceva l’autore del lancio della pietra individuato nel nipote del Parroco disse “Don Vicij vite ca jè stète nepotte” al che Don Vincenzo risposte “bhe, desgrazie, desgrazie, nnò fèsce nudde”.

Quando “natura premit”
Molti anziani ricordano un episodio poco acconcio, almeno in pubblico, alla figura del “sacerdote” ma che è proprio del maschio specie quando è avanti con gli anni.
Si racconta che durante la processione del Lunedì di Pasqua, lungo via Roma all’altezza di Via Tateo, Don Vincenzo ormai avanti con gli anni, forse affetto da disturbi alla prostata, non disdegnò di abbandonare la processione per accedere al pubblico "vespasiano” ubicato nelle immediate vicinanze del giardinetto, parte ovest, della stazione ferroviaria. A “operazione” ultimata Don Vincenzo riprese il suo posto nella processione come se nulla fosse accaduto.

LA CAUSA
Nel bilancio di Introiti ed Esiti([1]) dell’anno 1743 predisposto in esecuzione dei “Regi Banni” emanati da Re Carlo di Borbone (1734-1959) per la formazione del Catasto del Reame di Napoli, la “Università del Casale di Palagianello” ([2]) include nella spesa quella che si riferisce al culto, in altre parole: “Al Parroco per somministrazione de’ Sagramenti. . . .,  per cera in tutto l’anno alla Chiesa parrocchiale essendo la medesima mantenuta dalla sudeta Un(iversi)tà, spese per li Sagri Utenzilij, oglio per la lampada, rifacimento alli muri, Porta ed astrico per la me(desi)ma, ed ogn’altri occorresse. . . .” ([3]). Tutto ciò ancora prima dell’emanazione del Decreto 25 luglio 1772 che poneva a carico delle “università” le spese per il culto.
Delle spese per il culto ne troviamo traccia anche mezzo circa secolo dopo nel bilancio del Comune di Palagiano - è noto che Palagianello fra il 1806 e il 1907, per motivi demografici, fu prima aggregato a Palagiano - approvato dal Decurionato nella seduta del 5 luglio 1807, dove, per la frazione Palagianello, figura uno stanziamento di 489 ducati per le seguenti spese per l’arciprete, per il predicatore quaresimale, per il regolatore dell’orologio, olio per l’orologio, la cera per la Chiesa, per la Novena di Natale e Capodanno, per la Festa della Madonna delle Grazie, freno per l’orologio e campane, per il sacristano, olio per le lampade alla Chiesa, per acconci di arredi sacri, incenso ed altro,  per messe cantate per qua defunti, che sono pochi . . . . .;
A proposito delle spese di culto e particolarmente della “congrua”, ci piace ricordare quanto accaduto agli inizi del ‘900 tra l’Arciprete Don Vincenzo De Michele e il Comune di Palagiano, prima, e quello di Palagianello, dopo.
Era accaduto che, subito dopo la sua investitura il Parroco De Michele citò il Comune di Palagiano innanzi il Tribunale di Taranto per vedersi riconoscere, in nome proprio e quale rappresentante della Parrocchia di Palagianello, la somma di Lire 1.512 per supplemento di congrua dal 3 luglio 1902 al 9 dicembre 1905, data della citazione, nonché la somma di Lire 16.533,60 per onorario a due coadiutori e per le spese, cioè: per cera, olio, vino, ostie, salario al sagrestano, all’organista, onorario al quaresimalista, oltre le spese per la festa patronale, dal 1889. Epoca in cui il Comune di Palagiano ne aveva sospeso il pagamento.
Su quali basi il Parroco De Michele fondava la sua richiesta.
Prima del Concordato, intervenuto tra lo Stato italiano e la Santa Sede l’undici febbraio 1929, reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810 - e la legge 27 maggio 1929, n. 848, contenente disposizione circa la nomina a uffici e benefici ecclesiastici, e il regolamento esecutivo 3 dicembre 1929, n. 2262 – era rimasta in vigore, sulle spese di culto, la “legislazione degli ex stati”, con tutta la sua varietà: nel Piemonte e in Sardegna erano regolate dalla Regie Patenti 6 gennaio 1824; nell’ex Stato Pontificio dalle prescrizioni del Concilio Tridentino; in Sicilia vigeva il concordato del 1818; nel napoletano erano disciplinate dal Decreto Luogotenenziale 17 febbraio 1861, ossia dalla legislazione “tannucciana” emenata nella seconda metà del secolo XVIII ([4]).
Era cosa nota che nelle province meridionali vigeva il concordato “Borbonico” concluso con la Santa Sede il 16 febbraio 1818, che altro non era se non una convenzione fra lo Stato e la Chiesa, per regolare i reciproci interessi intorno a questioni di indole religiosa.
Secondo l’art. e del Decreto Luogotenenziale 17 dicembre 1861, gli atti legislativi che contenevano l’anteriore diritto pubblico ecclesiastico delle province napoletane, e che erano stati abrogati, dovevano considerarsi in vigore se non fossero stati espressamente aboliti con disposizioni indipendenti dal concordato e in quanto non fossero incompatibili con la vigente legislazione delle province napoletane.
Abolito il concordato, ritornarono in vigore le disposizioni precedenti, fra le quali il Decreto 25 luglio 1772, che stabiliva la concessione ai parroci di una congrua annua di 100 ducati che era detta “conciliare”, perché stabilità dal Concilio di Trento. Con lo stesso decreto fu disposto pure la concessione ai parroci di una somma di trenta ducati annui per le spese di culto.
Con Decreto 2 dicembre 1813 il Governo Murat apportò dei cambiamenti alla materia ecclesiastica che ebbe breve vigenza, poiché l’art. 212 della legge organica dell’amministrazione civile del 12 dicembre 1816 annoverò fra le spese ordinarie dei Comuni quelle per gli stipendi al predicatore quaresimale, all’organista e al sagrestano delle Chiese di padronato comunale.
Per questo motivo negli “stati discussi”([5]) del Comune di Palagiano furono inseriti degli stanziamenti, nella parte spesa dal 1815 in poi, relativi alle  “spese di culto della Chiesa della Frazione di Palagianello”, vale a dire lo stipendio del predicatore quaresimale e quello del coadiutore,  quello al cappellano del cimitero e al sagrestano, oltre alle spese per la manutenzione della Chiesa, per l’olio delle lampade, per le feste religiose.
L’obbligatorietà delle spese di culto da parte dei Comuni era prevista  dalla legge comunale e provinciale 23 ottobre 1859, estesa alle province meridionali con decreto 2 gennaio 1861, poiché nelle altre province del Regno era già in vigore.
In virtù di questa normativa il Parroco De Michele, poiché il Comune di Palagiano si era reso inadempiente lo citò innanzi al Tribunale di Taranto, il quale con sentenza del 15 – 31 dicembre 1906, nell’accogliere il ricorso condannò il Comune di Palagiano e il Fondo Culto, nel frattempo chiamato in causa dal Comune di Palagiano.
Successivamente la sentenza del Tribunale di Taranto, su appello dell’Amministrazione del Fondo Culto, fu modificata: la Corte di Appello di Trani con sentenza del 15 – 22 maggio 1908, ridimensionò le pretese del Parroco De Michele non riconoscendogli le spese sopportate dal suo predecessore Sac. Don Francesco Schettini.
Vito Vincenzo Di Turi



Copia de "Il Vessillo"






L'Arciprete Don Vincenzo De Michele  durante una processione
(seconda metà degli anni '30)
 Gli occhialini erano di colore verde.

[1] - A.S. Napoli –Bilancio di previsione.
[2] - “Università” ora Comune.
[3] - A.S. Napoli –Atti preliminari per la formazione del catasto onciario – anno 1762.

[4] - Le decime sagramentali esatte dai parroci, su proposta del Ministro Bernardo Tanucci, furono sostituite con le congrue parrocchiali (20 agosto 1768).
[5]  - “Stati discussi” = bilanci.

martedì 10 marzo 2015

Lungo le vie di Palagianello - Via Forno - Il forno baronale







Via Forno, a sinistra "il forno baronale"- Fotoper gentile concessione del Sig. Franco Di pippa.
PALAGIANELLO-IL FORNO BARONALE-Via Forno
La via è così denominata per la presenza, al numero civico 19, dell'antico forno a legna, che era di proprietà baronale, ove il Signor Francesco Paolo Battista (ultimo fornaio) è stato impegnato nell'arte del cuocere il pane per conto dei cittadini fino agli inizi della seconda metà del secolo scorso.
Dall'apprezzo redatto dal Regio Ingegnere Luise Nauclerio, redatto in data 1° settembre 1676, abbiamo avuto modo di conoscere che il feudatario "...Per l'affitto del forno unito col'abitazione delli affittatori si porta la sua rendita effettiva a Doc. 5 l'anno, quali pervengono dal rotolo di pane per ogni tomolo dopo cotto e per le decime a fuochi per detto forno ...." (Archivio di Stato Lecce -Scritture delle Università e feudi di Terra d'Otranto).
Se nell’apprezzo il forno viene riportato in esercizio, si può supporre che la costruzione sia avvenuta nel periodo in cui il feudo era nel possesso dei Domini Roberti o dei  De Ribera.
La notizia del forno viene riportata anche nel relevio del 1742 redatto in occasione della formazione del Catasto Onciario:
“ Facciamo piena ed indubitata fede noi qui sotto scritti croce segnati, Sindaco ed Eletti al Governo di questa Mag(nifi)ca  Università del Casale di Palagg(iane)llo Provincia d’Otranto a chi la presente spetterà andera, avere in qualsivoglia azione……………in esecuzione de’ …..ordini di S.M.(che D.P.) mandateci dalla Regia Camera della Summaria con le istruzioni in stampa per la confezione del Catasto che debba farsi in questo nostro Casale, abbiamo usato tutta la soprafina diligenza, e per quanto ci abbiamo potuto informaredi tutti li corpi stabili, Annue entade, cenzi ed animali, che l’i(llu)stre marchese di S:Eramo nostro Padrone possiede nel sudetto Casale  nostra Patria sono li seguenti:
omissis
Possiede (il barone) un forno per uso Cuocer pane alli predetti Cittadini, e Fidatarij”.
Omissis
+ Segno di Croce di StefanoLo Mastro Sindaco
+ Segno di Croce di Agostino Gigante Eletto
+ Segno di Croce di Orazio Russo Eletto
+ Segno di Croce di Orazio Sinisi Eletto
Palagg(iane)llo lè 17 febb(brar)o 1742
Vito Vincenzo Di Turi



fogli 1, 2 e 3 Releva della Casa Marchesale Caracciolo di San Eramo anno 1742

Via Forno - forno ex baronale - Foto di Tommy Capriulo



Via Forno - Forno baronale - Porta di accesso - (Mia foto anno 1986)


sabato 24 gennaio 2015

LA FERROVIA - Martedì 15 settembre 1868 - Domenica 22 giugno 2008



Martedì 15 settembre 1868 - Domenica 22 giugno 2008
LA FERROVIA
Per 140 anni i cittadini di Palagianello hanno avuto, con i binari nelle immediate vicinanze dell’uscio di casa, la possibilità di prendere il treno anche in corsa, come molte volte è accaduto a noi, giovani studenti, ed agli arsenalotti (non tutti, per la verità la maggior parte arrivava in stazione per tempo) che dovevamo recarci in quel di Taranto per motivi di studio e per lavoro.
Alcuni avevano la stazione in casa come Mino Ariodante, che abitava sopra gli uffici, ed i fratelli Dolfini, Nereo e Renzo, che abitavano il Casello del Sorvegliante.
Chi scrive ed altri venivamo da lontano (si fa per dire) come Peppino Cassandro, Antonio Ciardo, Ettorino D’Auria, Peppino De Leo, Franco De Maio, Mimino Fumarola, Dario Galeandro, Peppino Greco, Giacomino Santoro ed altri ancora che la memoria, ormai labile per l’età, non mi consente di ricordare.
Ci si alzava dal letto cinque minuti prima dell’arrivo del treno che era fissato per le ore 5 ½.
Quante corse con i libri e la colazione nella mano destra, mentre la sinistra tratteneva i pantaloni non ancora al loro posto.
Ora non più; per poter usufruire del servizio ferroviario è necessario incamminarsi per tempo.
La stazione non è più dietro l’angolo!
Da oggi, infatti, per poter accedere alla stazione ferroviaria è necessario servirsi di un bus navetta, com’è chiamata ora la Corriera.
Il che significa alzarsi per tempo, prendere la navetta, ammesso che ci sia e che rispetti l’orario, attendere, qualche volta da soli, l’arrivo del treno nella nuova stazione, con la speranza che sia pulita e non invasa da rifiuti di qualsiasi genere. La nuova stazione di Castellaneta docent!
Andiamo per ordine.   
Agli inizi della seconda metà dell’800, Palagianello fu interessata da una importante opera: la ferrovia con relativa stazione e la costruzione di un ponte sulla gravina lungo 140 metri, a tre campate, una, quella centrale, di m. 54, le due laterali di m. 43.
Il viadotto, progettato dall’ingegnere napoletano Alfredo Cottrau, era in ferro([1]), come pure in metallo erano i due piloni che poggiavano su basamenti, costruiti in pietra calcare locale, coronati di grossi tavoloni estratti da cave di granito esistenti in quel di Laveno in Provincia di Como.
Era accaduto che dopo la proclamazione del Regno d’Italia fra le prime incombenze del governo ci fosse la conferma delle concessioni ferroviarie alle società che avevano ricevuto l’appalto di costruzione dai vari Stati nella penisola([2]), accogliendone altre.
Il 15 maggio 1861 fu presentato alla Camera dei Deputati, per le linee dell’Italia meridionale, un progetto di fattibilità di nuove strade ferrate in concessione.
Quel progetto, tuttavia, incontrò molte difficoltà, fino a quando, nel luglio del 1862, il conte Pietro Bastogi, già ministro delle finanze nel Regno d’Italia, ne fece richiesta, per una società da costituirsi.
La nuova compagnia - che divenne una delle più importanti- nacque a Torino il 18 settembre 1862 e fu denominata “Società Italiana delle Strade Ferrate Meridionali la cui presidenza fu assunta dallo stesso conte Bastogi, chiamando alla vice presidenza il conte Bettino Ricasoli ed il conte Giovanni Baracco.
I lavori di costruzione dei 116 Km. di linea da Bari a Taranto, che era in concessione alla suddetta Società Italiane per le Strade Ferrate Meridionali([3]), furono completati nel 1868; difatti l’ultimo tratto ferroviario, ovverosia Gioia del Colle–Taranto, costruito dall’Impresa Brassey, Parent & Buddicom, fu aperto al pubblico servizio il 15 settembre 1868.
Da quella data, quindi, Palagianello, che in quell’epoca si era sviluppato sotto il profilo demografico tanto da costringere il Comune capoluogo([4]) a costruire la Sede Municipale - sia pure limitatamente al piano terra - ove funzionavano gli Uffici dello Stato Civile e di Conciliazione([5]), venne servito dalla ferrovia che permetteva ai palagianellesi di partite e di giungere, quasi direttamente in casa, da Taranto, Bari, Napoli ed altre città direttamente in treno.
Ora non più.
La nuova stazione è lontana.
La nuova stazione non sarà, come lo fu la vecchia, luogo di aggregazione, luogo di incontri, luogo di giochi che avvenivano, specie quando pioveva, sotto a vecchia tettoia in metallo, smantellata negli anni ’70.   
Vito Vincenzo Di Turi


Anno 1868 - Viadotto in ferro costruito su progetto dell'Ingegnere napoletano Alfredo Cottrau




[1]  Il ponte di ferro, 63 anni dopo, fu sostituito da uno in muratura composto di 10 arcate a tutto sesto delle quali le otto centrali dell’ampiezza di m. 15 e le due esterne di m. 2. L’altezza del piano del ferro sul fondo del burrone è di m. 40 e la lunghezza tra l’estremo delle spalle è di m. 169. Il ponte in pietra fu inaugurato il 24 maggio 1930. (Il Giornale d’Italia – 25 maggio 1930 – pag. 6).

[2]  -Era già stata completata, nel novembre del 1861, la linea Milano- Piacenza, che dopo la costruzione del ponte in ferro sul fiume Po, nel 1865, fu unita alla Piacenza-Parma-Bologna, peraltro già attiva dal 21 luglio 1859, e alla Bologna-Forlì-Rimini-Ancona, voluta dallo Stato Pontificio (che all’epoca aveva il potere temporale su quel territorio), realizzata nel novembre del 1861 dalla concessionaria “Società generale delle Strade Ferrate Romane”, dopo adeguati sussidi finanziari da parte del nuovo Stato italiano.
Il tronco ferroviario da Bologna a Forlì era in esercizio dal 1° settembre 1861, quello da Forlì a Rimini il 5 ottobre e, nel mese successivo, il 17 novembre da Rimini ad Ancona.

[3]  - La “Società Italiana delle Strade Ferrate Meridionali, aveva già realizzato la Ancona-Pescara, messa in esercizio il 13 maggio 1863, e, nello stesso anno, la linea Pescara-Foggia, prolungata il 29 aprile 1865 a Brindisi ed il 15 gennaio 1866 fino a Lecce.

[4] -  Palagianello che fino al 1806 aveva autonomia amministrativa quale Universitas , all’epoca, per motivi demografici, era ancora frazione di Palagiano.


[5] - Il piano terra del Palazzo Municipale fu costruito nel 1880.