sabato 31 maggio 2014

PALAGIANELLO: Corsi e ricorsi storici.

Palagianello! Corsi e ricorsi storici



DA MAGNIFICA UNIVERSITA’ A COMUNE AGGREGATO E, POI, DI NUOVO COMUNE  AUTONOMO
Dicembre 1806- giugno 1907, cento anni di (mis)fatti
di Vito Vincenzo Di Turi
Come si è avuto modo di accertare, prima della sua aggregazione a Palagiano, Palagianello aveva autonomia amministrativa, quale Università, in virtù delle prammatiche di Ferrante primo d'Aragona, promulgate nella seconda metà del '400.
La certezza dell’autonomia amministrativa è data dal fatto che Palagianello era compreso tra le Università tenute al pagamento di 7 grani per fuoco([1]) per il mantenimento delle compagnie dei Cavallari che perlustravano il litorale i quali, in caso di necessità, davano l’allarme ai caporali delle torri e correvano ad avvisare gli abitanti delle zone direttamente minacciate.
Per Palagianello la torre di riferimento era Torre Lato (ancora esistente).
Nell’elenco delle Università obbligate a pagare le imposte per il mantenimento del Corpo dei Cavallari, stranamente, non compaiono Castellaneta, Laterza e Palagiano. Lo sono, invece, Ginosa, Massafra, Mottola.
A capo della Magnifica Università di Paligianello, come scritto in un antico documento, era il Sindaco coadiuvato da tre eletti.
Il Sindaco e gli eletti, le cui prestazioni erano gratuite con la sola eccezione del Cancelliere che veniva retribuito con 6 ducati l'anno, duravano in carica un anno vale a dire dal 1° settembre al 31 agosto dell'anno successivo.
Il giorno 14 agosto il Sindaco in carica convocava, a mezzo bandi, i cittadini nella Chiesa Parrocchiale San Pietro Apostolo - che è di proprietà comunale per antico possesso([2]), l'unica dell'epoca dove l'università della medesima Terra è solita riunirsi per trattare i pubblici affari-  per dare corso alle operazioni preliminari delle elezioni che avvenivano il successivo giorno quindici.
L’unione a Palagiano - Con legge 2 agosto 1806, n. 130, eversiva della feudalità, furono automaticamente abolite insieme ai feudi le esili strutture amministrative delle Università (Comuni).
Con Legge 8 dicembre 1806, n°272 il Regno di Napoli fu ripartito in tredici Province elevate, poi, a quattordici suddivise in Distretti e Circondari
Lart. 2  della predetta legge prevedeva che “Per facilitare l’Amministrazione delle Comunità minori di mille abitanti, potranno le medesime essere riunite fra loro, e con le altre maggiori fino ad un numero non maggiore di tremila, combinando le ragioni di località e di lontananza”.
Il riordino amministrativo aggregò Palagianello – che godeva di autonomia amministrativa quale  Universitas – al Comune di Palagiano, di cui divenne frazione, l’unica del settore occidentale della Sottoitendenza di Taranto, con la conseguenza che Palagianello fu sottoposta al trattamento tipico che i comuni capoluoghi riservano alle frazioni, ossia scarsa attenzione da parte degli Amministratori alle condizioni sociali della popolazione, l’impiego di esigui mezzi per migliorare la situazione economica. Sicché i proventi dei boschi, dei pascoli etc. ed ogni altra entrata furono amministrati dal Comune di Palagiano a beneficio di quella popolazione.
In questo periodo si ebbe in Palagiano il rafforzamento del ceto dei c.d. civili e dei possidenti, in altri termini di quella piccola borghesia rurale le cui famiglie percorsero strada sia nell’ambito delle attività economiche sia nell’ambito delle cariche pubbliche: i Capone, i Carano i Martellotta, i Masella, i Natale, i Sinisi, tanto per citarne alcune, in tutto il secolo XIX e durante il primo quarantennio del XX, si accostarono alle leve del potere pubblico, alternandosi nelle cariche amministrative di Palagianello e Palagiano.
L’Abolizione della feudalità fece emergere questo ceto che era costituito dal massarotto, dall’ex massaro di campo, dall’ex fittavolo poi colono, dall’ex fittavolo dei pascoli comunali, in seguito divenuto possessore degli stessi per essere stato ritenuto il migliore dei coltivatori e ricco possidente([3]) per graziosa determinazione del sindaco, peraltro, espressione di quel ceto dei civili.
Pochissimi anni dopo l’aggregazione, le terre civiche, come accertato in occasione delle verifiche demaniali, subìrono i massicci assalti da parte dei cittadini di Palagiano, quasi sempre amministratori, tant’è che centinaia di ettari di terreno civico era nel possesso di quattro o cinque persone.
Masseria Capone, Masseria Carano (poi Lacaita), Masseria Conocchiella, Masseria Martellotta, Masseria Masella, Masseria Petrosa, Masseria Vito Cataldo o Visciolo, toponimi inesistenti sulle carte anteriori al 1806, sono nate tutte nel demanio civico; ciò la dice lunga sul comportamento degli Amministratori comunali, sempre gli stessi, peraltro imparentati fra loro mediante una ragnatela di matrimoni.



Per 150 anni, circa, questi nomi faranno parte dell’elenco degli amministratori (Sindaci, Assessori, Consiglieri comunali) di Palagiano e Palagianello e gli stessi nomi si sono alternati nella gestione della Segreteria Comunale (Cancelleria), della Tesoreria Comunale e dell’Esattoria Comunale. Praticamente, per oltre un secolo e mezzo, Palagianello e Palagiano hanno avuto Amministratori che nell’espletamento delle funzioni proprie degli òrgani istituzionali erano i controllori e controllati, ovverosia ispettori di se stessi.

          Qualche esempio.

Nella seduta Consiliare del 13 aprile 1878, fra gli argomenti in discussione ve ne erano due iscritti al secondo ed al terzo punto dell’ordine del giorno:


2°--Provocarsi dal Sig. Prefetto di Lecce la devoluzione a pro del Comune delle quote Demaniali già abbandonate dai quotisti di Palagiano, e di Palagianello, che di quelle vendute nel corso del ventennio dalla divisione.;
3°- Provvedimenti a prendersi per le usurpazioni fatte nella strada vicinale Lazzetta a servitù pubblica denominata Trovara.
Il Consiglio era formato da:
1.     Sinisi Vito – Sindaco –
2.     Altamura Vito;
3.     Bavila Salvatore;
4.     Capone Gennaro;
5.     Carano Domenico;
6.     Carano Francesco;
7.     Dell’Aglio Antonio;
8.     Liverano Nicola;
9.     Martellotta Gennaro;
10.  Masella  Pasquale fu Leonardo;
11.  Masella  Pasquale fu Paolo;
12.  Masella Ippazio;
13.  Masella Nunzio;
14.  Masella Vito Gaetano;
15.  Notaristefano Francesco;
16.  Rospo Vincenzo:
17.  Scalera Luigi;
18.  Serra Francesco; 
19.  Sorace Pietro; 
20.  Toria Michele.
Relatore degli argomenti, su invito del Sindaco  Vito Sinisi, fu nominato il Consigliere Domenico Carano la cui famiglia deteneva, senza titolo, demanio civico nella Conocchiella promiscua.
Non solo, il Consigliere Carano, venne incaricato dal Consiglio, con 11 voti favorevoli su dodici consiglieri votanti, di accertare e fare l’elenco delle quote abbandonate o vendute durante il periodo di divieto.
In sostanza il Carano, oltre a verificare ed elencare le quote abbandonate della Conocchiella in suo possesso, doveva effettuare la verifica nei confronti del Sindaco Sinisi possessore illegittimo, fra l’altro, della fontana Trovara che, unitamente alla dote di terreno civico circostante, era promiscua sia ai cittadini di Palagiano, sia a quelli di Palagianello, dei Consiglieri  Sorace, Martellotta, Masella Ippazio e Vito Gaetano, Capone e Carano Francesco, tutti possessori, per graziosa concessione dei Sindaci, di terre civiche quotizzate e sottratte ai cittadini di Palagianello.
In altri termini, è come se avessero chiesto al lupo di accertare e relazionare su chi ha mangiato l’agnello affidatogli per la custodia.
Di quegli accertamenti non v’è traccia nei documenti, tant’è che le quattro verifiche demaniali che si sono susseguite nell’arco di cento anni hanno sempre evidenziato il possesso illegittimo senza che gli amministratori, deputati al controllo dei beni civici, adottassero provvedimenti di reintegra.
Dal resoconto di una seduta del Consiglio Comunale del 30 novembre 1866 si può arguire come molti degli usurpatori sedessero tra gli stessi banchi dell'amministrazione comunale: 
1.     SINISI Vito – Sindaco 
2.     CARANO Domenico,
3.     CARANO Francesco,
4.     COLOSIMO Serafino,
5.     LANZILLOTTA Giuseppe,
6.     LICOMATI Francesco,
7.     LIVERANO Rocco,
8.     MAPPA Nunzio,
9.     MARTELLOTTA Leonardo,
10.  MASELLA Giovanni, 
11.  MASELLA Pasquale, 
12.  MASELLA Salvatore,
13.  MONTEMURRO  Michele,
14.  PATRUNO  Francesco,
15.  PICCOLI Raffaele,
16.  SCHIAVONE Angelo,
17.  SIMEONE Nicola,
18.  RUSSO Carlo,
19.  SORACE Domenico, 
20.  VENTRELLA Pasquale.
Ancora più indicativa è la composizione della Giunta Municipale del 1871 che registra la presenza del 100% di possessori senza titolo di demanio civico di Palagianello e del Consiglio comunale nel 1881 con la presenza di 11 consiglieri, possessori illegittimi di demanio civico, su 20 assegnati al Comune:
Giunta Municipale del 25 aprile 1871 formata da:
CARANO     Domenico, Sindaco,
MASELLA      Ippazio-assessore
MASELLA      Pasquale-assessore
MASELLA      Pasquale di Leonardo-assessore,
MASELLA Pasquale di Paolo, assessore.
Consiglio comunale - Deliberazione n. 5 del  1° maggio 1881- composto da
1.      NATALE               Pasquale-Sindaco,
2.      CARANO              Domenico,
3.      CARANO              Francesco,
4.      CASALINO            Raffaele,
5.      CASAVOLA           Bonaventura,
6.      DE FLORIO           Giuseppe,
7.      GRANATA            Francesco,
8.      LICOMATI            Francesco,
9.      MASELLA            Ippazio,
10.   MASELLA            Nunzio,
11.   MASELLA     Paolo,
12.   MASELLA     Pasquale fu Leonardo,
13.   MASELLA     Pasquale fu Paolo,
14.   MASELLA     Vito Gaetano,
15.   NOTARISTEFANO  Francesco,
16.   SCALERA      Francesco,
17.   SCALERA      Luigi,
18.   SINISI            Vito,
19.   SORACE        Domenico  
20.   SORACE        Pietro.
Che l’Ente Comune, poi, fosse un’azienda a conduzione familiare è confermato, oltre che dall’elenco dei Sindaci, dalla formazione del Consiglio Comunale, della Giunta Municipale e, per di più, anche da un fatto verificatosi nella seconda metà del secolo XIX.

Il giorno 18 Dicembre 1884 il Sig. Pasquale Natale, farmacista e proprietario, produsse formale opposizione avverso la deliberazione Consiliare del giorno 7 dello stesso  mese di dicembre, perché fosse dichiarata la ineleggibilità, per lite pendente con il Comune, dei Signori: 
Pasquale Masella fu Leonardo ff. da Sindaco, Ippazio Masella di Antonio, Pasquale Masella fu Paolo, Sinisi Vito fu Luigi, Domenico Carano fu Giovanni, nonché a Vito Altamura fu Francesco della frazione di Palagianello; e tutti nella qualità di Consiglieri di Palagiano, laddove Masella Pasquale fu Leonardo e Masella Ippazio di Antonio erano nipoti di Masella Pasquale fu Paolo e, tutti insieme, unitamente a Sinisi Vito fu Luigi erano nipoti di Carano Domenico fu Giovanni.
I suddetti, a dire del Natale, avevano personale e solidale responsabilità in quanto consiglieri comunali all’epoca della nomina ad Esattore Fondiario del Sig. Giuseppe Masella, già parente, il quale, nel 1869 si rese malversatore di diverse migliaia di lire sia verso l’Erario dello Stato, sia verso la Provincia per centesimi addizionali esatti e non versati, e sia infine verso del Comune per gli stessi cespiti;
Sta in fatto, che, mentre l’Ente Governativo e la Provincia, la prima attraverso mezzi coercitivi consentiti da speciali Leggi e Regolamenti e la seconda, dopo una sentenza favorevole del Tribunale di Taranto, pubblicata il 31 dicembre 1873 furono soddisfatti del loro credito, il Comune “il povero Pupillo che rappresentato sempre dal 1869 sin qui da una maggioranza d’ingordi egoisti, ed infedeli amministratori, non fu mai pagato per la semplicissima ragione di non poter dirigere le armi contro se stessi”([4]).
Il Natale si domandava, se la responsabilità diretta, immediata, e personale, è dei singoli Consiglieri dell’epoca, e come tale si verificò nell’interesse dello Stato e Provincia, perché mai non devesi ugualmente praticare nell’interesse del Comune?
Era accaduto che nella deliberazione del 7 novembre 1884, con la quale venne stabilito non doversi proseguire il giudizio intentato dal Regio Delegato straordinario nell’agosto detto anno, proprio da Pasquale Masella fu Leonardo, da Ippazio Masella d’Antonio, da Vito Sinisi fu Luigi, ecc. che erano i convenuti in quella lite; sicchè con tale deliberazione si verificò l’assurdo di vedere gli stessi individui essere ad un tempo parti attrici, parti convenute e giudici in un solo e medesimo giudizio.
Sta di fatto che i Carano, i Martellotta, i Masella, i Sinisi forti della carica rivestita, gestirono le terre civiche di Palagianello ad usum  delphini, ovverosia occupando abusivamente centinaia di ettari di terreno quotizzato nel 1824 in favore dei cittadini di Palagianello, vanificando, così, quei benefici materiali e morali che l’eversione della feudalità aveva fatto sperare. .
Accadde così che il ceto dei nullatenenti di Palagianello vedendo vanificata ogni possibile rivendicazione, non potendo neppure più contare su quel poco che in passato traeva dagli usi civici, divenne sempre più inquieto.
Il distacco - Nel periodo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il malcontento per lo stato di abbandono della frazione fece sì che tra la gente incominciasse a balenare l'idea di separazione che sfociò in due richieste: una di distacco da Palagiano e aggregazione al Comune di Mottola e l'altra di scissione e costituzione in comune
Animatore del primo fermento il Dr, Salvatore Masella, discendente di uno dei maggiori occupatori del demanio civico, consigliere comunale in rappresentanza della frazione Palagianello, che vide frustrata la sua azione da una forte opposizione da parte del Consiglio comunale di Palagiano che ricorse a tutti i mezzi per non approvare l'azione separatista.
La proposta fu boicottata dagli amministratori di Palagiano, a differenza del Consiglio comunale di Mottola il quale si era pronunciato sollecitamente ed unanimemente per l'annessione.
 Il problema era maliziosamente eluso e rinviato a colpi di maggioranza, ma certamente non risolto a favore di Palagiano perché l'iniziativa degli elettori di Palagianello, fortemente sostenuta dal dott. Masella che si aspettava dall'annessione al Comune di Mottola quei benefici e quei miglioramenti che da Palagiano non poteva ottenere,
Verso l’autonomia - Al contrario di quanto era accaduto per quella del dott. Masella - che, forse, era soltanto un disegno perseguito dagli agiati contribuenti ed elettori di Palagianello, i quali nell'operazione di separazione da Palagiano e unione a Mottola credevano di aver scoperto l'alchimistico rimedio universale con cui era possibile ridurre o sopprimere le tasse e le sovrimposte (apportando benefici) e, nello stesso tempo, provvedere alla sistemazione stradale, edilizia, idrica, sanitaria e alle altre esigenze della cittadinanza (producendo benefici), la proposta di distacco e costituzione in Comune autonomo ebbe corso relativamente celere, grazie al movimento che si era creato intorno ad essa, caldeggiata da Davide Lenge che, originario di quel di Ginosa, dimorava in Palagianello.
Era avvenuto che alcuni cittadini, fra i quali Gaetano Terzuoli, Giuseppe Di Fonzo, Giulio Murgiano ed altri che, per ragioni di lavoro frequentavano l'agro di Ginosa, conobbero Davide Lenge il quale, trasferendosi in Palagianello, spinse i cittadini ad interessarsi della cosa pubblica, fino allora monopolio quasi esclusivo di poche persone di Palagiano.
Il Lenge seppe imporsi subito all'attenzione della cittadinanza, poiché come suo primo atto impostò il problema dell'autonomia di Palagianello. Contestualmente al problema dell'autonomia furono impostati ed attuati due questioni - strettamente collegati fra loro - di carattere socio-politico, ovverosia la costituzione della Lega dei Contadini e la Cooperativa di Consumo fra i Lavoratori di Palagianello
Mentre le questioni socio-economiche erano affrontate subito, quella dell'autonomia, invece, trovava le resistenze degli Amministratori di Palagiano che, dopo molti rinvii, finalmente, posero all'ordine del giorno la domanda degli elettori di Palagianello per la costituzione della frazione in Comune autonomo, che fu discussa dal Consiglio comunale nella seduta del 9 ottobre 1906.
Questa proposta, come le precedenti, ebbe intralci con vari cavilli di ordine procedurale da parte dei consiglieri di Palagiano, ciò nonostante il 17 giugno 1907 la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 142 pubblicò:



P.S.- Nel 1982, autorizzato dalla Sovrintendenza Archivistica, ebbi occasione di visitare l’Archivio comunale di Palagiano ove, fra le altre notizie (scarse), rinvenni il volumetto dal titolo:
“LA SUPERBIA UMILIATA ovvero DIGITUS DEI EST HIC che percuote per mezzo dell’Ill.ma Corte d’Appello delle Puglie sedente in Trani LA COCCIUTAGGINE degli sviati Amministratori di Palagiano per Pasquale NATALE – Taranto – Tipografia di Ruggiero Parodi – 1885.
Nel 2008, per documentare una relazione sono tornato in quell’archivio, purtroppo il volumetto era sparito (chissà quale mano ha ritenuto di prenderlo).
Il proprietario di quella mano (quella ignota mano cosa voleva nascondere?) forse non conosce l’esistenza delle biblioteche. Ed infatti sono bastati pochi euro per averne copia da una biblioteca del centro d'Italia .
Vito Vincenzo Di Turi 
Ora, per la serie “per non dimenticare” ritengo opportuno pubblicarlo,
a futura memoria
poiché
“Il segreto di ogni ricchezza misteriosa è un delitto dimenticato”
(Honorè de Balzac – 1799-1850 – scrittore francese )

mercoledì 28 maggio 2014

LA CHIESETTA DELLA MASSERIA “TORRATA” IN TERRITORIO DI PALAGIANELLO



LA CHIESETTA DELLA MASSERIA “TORRATA”
Addossata ai fabbricati della Masseria “Torrata” vi è una piccola Chiesa ove, nel ‘700, nei giorni festivi si celebrava messa a beneficio degli operai impiegati nei lavori dei campi.
La notizia è riportata in una corrispondenza del 25 settembre 1762([1]) tra il feudatario dell’epoca, Pasquale Caracciolo Marchese di Santeramo, che risiedeva in Napoli, e Nicola Tofano suo agente in Palagianello e Santeramo.
Con quella lettera l’Agente segnalava che il Sacerdote Carmine Sinisi non intendeva celebrare messe nella chiesa rurale, poiché suo padre, Michelangelo Sinisi, era stato esonerato dall’incarico di scrivano della casa marchesale: “. . . . .l’erario Lanzolla non intende servirsi di Michelangelo Sinisi per scrivano de’ suoi conti; e l’ buon sacerdote di costui figlio non intese più celebrare la messa nella Torrata, perché pretendeva che l’avanzasse l’elemosina di grana tredici; è stata però questa permissione di Domineddio, per non far perdere la messa a tanti poveretti non essendovi in Palagianello, che una sola messa ne’ giorni festivi, e pur per dimostrare d.° Sacerdote sempre più la sua iniquità, si studia ne’ giorni di festa non trovarsi nella Terra per non dar a quel Pubblico il comodo di due messe. . . . .” ([2]).
Gli atti consultati non danno indicazioni circa l’anno di costruzione della Chiesa, né la descrivono. Sostanzialmente, all’epoca, doveva apparire così come oggi, salvo gli interventi di restauro fatti eseguire negli anni ’40 del secolo scorso da Adriano Ostuni, com’è attestato da una lapide posta sulla porta d’ingresso.
La settecentesca chiesetta si sviluppa a forma rettangolare, voltata a “botte”, di metri 5 per 10 circa, in fondo vi è un altare di marmo policromo risalente, forse, all’epoca dei lavori di restauro fatti eseguire dal Sig. Adriano Ostuni. Sulla sinistra è ubicata la sagrestia alla quale si accede mediante una porta esistente in corrispondenza dell’altare.
La facciata, che è rivolta ad Est, presenta alla sommità del frontone una croce in pietra che poggia su una colonna, pure in pietra, addossata al frontone stesso al centro del quale, perpendicolarmente all’ingresso, è stata ricavata una finestra circolare. Sulla facciata Sud si erge un piccolo campanile a “vela”.
Al suo interno, sull’altare, trovasi un quadro raffigurante la Madonna di Pompei.
Dicembre 1989
Vito Vincenzo Di Turi


Chiesetta della Masseria "Torrata"- Foto del febbraio 1989


Interno della Chiesetta della Masseria "Torrata"- Foto del febbraio 1989

Copia stralcio della lettera scritta  dall'agente Nicola Tofano il 25 settembre 1762



[1] - Archivio Privato Caracciolo – Viglione Santeramo – Registro di Lettere del Agente di S. Eramo, e Paligianello. Anno 1762-
[2] - Archivio Privato Caracciolo – Viglione Santeramo – Registro di Lettere del Agente di S. Eramo, e Paligianello. Anno 1762- Copia stralcio di Lettera scritta da D. Nicola Tofano da S.Eramo in data de’ 25 7bre 1762.

sabato 3 maggio 2014

Lungo le vie di Palagianello - Vico Castello



Castello (vico)
E’ la strada che conduce all’originario ingresso del Castello "Stella-Caracciolo".
Il Maniero è certo sia stato costruito, sia pure parzialmente, dai Domini Roberti, i quali avevano in possesso sin dal 1467 il feudo di Palagianello.
La prima notizia scritta, conosciuta, dell'esistenza del Castello è riportata in un documento conservato nell'Archivio della Badia di Cava dei Tirreni, quando riporta che nel 1525 Vincenzo Domini Roberti controllava vasti territori "dal suo Castello di Palascianello".([1])
Nel Cedolario di Terra d'Otranto([2]) è riportato ancora che:

 "In anno 1568 - 12 d'agosto, li SS.ri Luocotenente et Presidente della Regia Camera, vendirno et alienarno a Gio: Vinc.° Domini Roberti il Castello di Palagianello in Otranto con suo Castello seu fortezza, case seu Palazzo...".
Il Castello Stella-Caracciolo -  Da una cartolina forse degli anni '30
Mentre il cedolario consente di stabilire con assoluta certezza che già nel 1568 il "Castello seu fortezza" era costruito, l'apprezzo, redatto dal regio ingegnere Luise Nauclerio il 1° settembre 1676([3]), consente di individuarne l'ubicazione.
Da quel documento si rinviene la notizia che "in testa della Piazza (l'attuale Piazza De Gasperi) vi è un Castello seu casa per abitazione del barone".
Le caratteristiche proprie del fortilizio, costruito cioè secondo i canoni difensivi affermatisi durante il regno di Carlo V, si riscontrano nel Castello di Palagianello:

"Il complesso difensivo, che rappresenta tipologicamente un termine di transizione tra il castello e la residenza fortificata, fu costruito in mazzaro. . .Ha pianta quadrangolare e cortile centrale di eguale forma. Ai quattro spigoli è munito di torrioni quadrangolari. Un toro marcapiano, accompagnato da una sottile ornamentazione, lo cinge tutt'intorno dividendo al livello del piano, la parte bassa appena scarpata dalla superiore a pareti verticali. . Il castello, monumento nazionale dal 1924. . .è circondato da un profondo fossato traverso cui si accedeva tramite un ponte levatoio.. ."([4])

Il battesimo di quattro figli di Tiberio Domini Roberti, che evidentemente dimorava nel "castello"([5]), amministrati nella Chiesa Parrocchiale S.Pietro Apostolo tra il 1593 ed il 1602, conferma l'esistenza, nella seconda metà del cinquecento, della "fortezza" che nell'apprezzo del 1676 era così descritto:

 ". . .consiste in una salita di fabrica a cordoni, principiando dalla Piazza della Terra, e nell'ultimo si trova un largo che circonda il Palazzo che dalla parte verso ponente e verso la gravina di Castellaneta (Palagianello) tiene l'entrata con ponte alzatoio, quale Palazzo è di forma quadro, con gran torrioni angolati, ma non finiti ed anche il fosso dalla parte della facciata tantum, do'è la porta entrando si trova un coverto a lamia, ed appresso il Cortiglio scoverto con una cisterna grande, cavata dentro pietraviva, della quale se ne servono anche li vassalli per loro commodità. A sinistra del detto cortile scoverto vi è una camera a lamia con cancellata al detto scoverto, e finestrato fuori. Appresso vi è un'altra stanza grande a lamia con porta, similmente al Cortiglio, e da questa stanza si viene ad un'altra Camera a lamia dei Torrione, dov'è la bocca di una Camera sotterranea di un quarto di miglio di lunghezza circa, che và ad uscire dalla Gravina di Castellaneta (Palagianello).Appresso s'entra ad un'altra stanza con porta accosto alla bocca della cisterna sudetta appresso alla detta si va ad un'altra stanza del Torrione ad uso di cucina. In testa detto cortiglio scoverto vi è un lamione per uso di cavallarizza capace di venti cavalli, dalla quale si va una stanza del terzo Torrione, e seguendo appresso verso la scala sotto di essa vi è commodità di Rimessa per la Carrozza, ed appresso la detta scala a destra di d.to Cortiglio Coverto vi sono due stanze le Moline e Centimolo, et nell'interno vi è l'altra stanza del quarto Torrione divisa per stalletta, e Carcere, et ascendendo alla grada principale per due tese scoverte per causa a se non finita, si viene sopra il lamione della Cavallerizza, quale avrà da essere Sala, oggi scoverto si viene dentro il Torrione verso ponente, e passando più avanti per scoverto si va in cinque stanze a Lamia coverte con tetti, quali sono abitabili per essere finiti, e dette sono a sinistra del Cortiglio, vi manca per finire dett'abitazione di fabbricarsi tre altre facciate a torno".

Evidentemente lo stato del castello, alla data dell’apprezzo, doveva corrispondere a quello lasciato dai De Ribera, che furono feudatari dal 1633 al 1669, i quali ebbero appena il tempo di far costruire, forse, la copertura dello scalone d’ingresso.
Difatti, l’unico segno tangibile della presenza dei De Ribera è lo stemma di famiglia incastonato nell'arco dello scalone[6].
Volta dello scalone d'ingresso che porta al primo piano del Castello - Stemma dei "de Ribera"

Ancora uno stemma è murato al centro della volta dello stesso scalone. 
Dopo il 1678, i Caracciolo continuarono i lavori di completamento che, peraltro, non furono del tutto portati a termine dal momento che la torre posta a Nord-Ovest è ancora incompiuta.
I documenti attestano che al Castello si accedeva mediante un ponte "alzatoio" il quale scavalcava il fossato, ancora oggi esistente, lungo il lato Ovest del maniero. 
In seguito, e precisamente nel 1874, su progetto dell'Arch. Gabriele Califano([7]) l'originario ingresso fu trasformato per ricavarne una Cappella cui attualmente si accede mediante un ponte in muratura a due archi e pavimentato in basolato calcareo, in sostituzione del vecchio ponte levatoio.
Ponte in muratura costruito nel 1874 in sostituzione del ponte levatoio

La Chiesetta, nella quale si conserva una statua di pregevole fattura, di mano ignota, di Cristo Morto, ha struttura rettangolare e si sviluppa ad una sola navata di 8 metri di lunghezza per 4,5 metri di larghezza.
L'unico altare, in marmo policromo, è posto nell'abside semicircolare ricavata invadendo il cortile interno del Castello.
All'interno, sulla porta d'ingresso, all'altezza dell'ammezzato è stata ricavata una tribuna alla quale si accede mediante una scala che scende dal primo piano.
La tribuna, probabilmente, dava la possibilità alla servitù, visto che la scala sfocia nella cucina, di assistere ai riti religiosi.
E' antica tradizione che, da questa Chiesetta, il Venerdì Santo abbia inizio la processione dei Misteri. 
Dopo la modifica, nella facciata Sud del Castello fu ricavato l'ingresso sul quale è murato lo stemma dei Caracciolo, meglio Rocco Stella-Caracciolo.
 
Stemma degli Stella-Caracciolo
Era accaduto che nel 1707 Marino Caracciolo, per non aver giurato fedeltà al sovrano in esecuzione della Prammatica emessa da Giorgio Adamo Conte di Martinez quale Plenipotenziario, con poteri di Viceré, di Carlo III d’Austria, aveva subito il sequestro del feudo di Palagianello([8]).
Il matrimonio, in seconde nozze, con Anna Copons di Barcellona, avvicinò Marino Caracciolo al Conte Rocco Stella (del quale la Copons era cognata) per merito del quale ebbe il dissequestro del feudo, la nomina a generale di cavalleria dell'esercito austriaco e l’eredità di una tenuta in Mòdling che fu di proprietà del Conte Rocco Stella, comprendente il Castello di Wartenstein ed il villaggio Grimmenstein nella regione di Bucklige Welt in Austria.([9])
Per dettato testamentario nel Maggiorato, fondato nel 1720 nella signoria di Wartenstein, dovevano succedersi i secondogeniti dei Caracciolo di Santeramo, con l’obbligo di anteporre al proprio il nome di Rocco Stella.
Il primo Caracciolo possessore di Wartenstein fu il marchese Pasquale, il quale lo amministrò in nome del figlio minorenne.
Nel 1784 il Maggiorato passò al secondo figlio Giovanni Battista Caracciolo al quale, nel 1806, succedette Franz Antonio Caracciolo che ebbe in possesso Wartenstein fino al 1855 quando il figlio Carlo gli subentrò.
L'ultimo dei Caracciolo possessori di Wartenstein fu Franz Antonio che, nel 1870, lo vendé al Principe del Liechtenstein([10]).
Durante il periodo dal 1943 al 1962 il Castello fu, prima occupato da un Comando di soldati Polacchi del Gen. Anders e, successivamente, la parte Est utilizzata per le prime fasi della lavorazione del tabacco.
Il Castello è stato abitato dal Conte Antonio ROCCO STELLA nato CARACCIOLO DI SANTERAMO fino al 1950, anno della sua morte.
Dal 1979 il Castello fa parte del patrimonio del Comune per averlo acquistato.
Vito Vincenzo Di Turi 

Il Castello Stella-Caracciolo - Foto degli anni '60


Vico Castello foto di epoca ignota come ignoto è l'autore-
 La foto sarà rimossa a semplice richiesta dell'ignoto autore
Vico Castello - Foto degli anni '60 - (Per gentile concessione di Tommy Capriulo)



[1]  - P.D’ALENA- “Palagianello-Nuove ipotesi sulle origini del Castello- ne’ “Il Corriere del Giorno” – 14 gennaio 1982
[2]  - A.S.N. – Cedolario di Terra d’Otranto dal 1639 al 1675 . Vol. 21.
[3]  - A.S.L. –Scritture delle Università e Feudi di Terra d’Otranto.
[4]  - DE VITA – Castelli, Tossi, ecc. – Bari – 1974-pag.170.
[5]  - "I feudatari con la loro famiglia, abitavano nei "castelli", cioè in costruzioni fortificate situate in luogo elevato per dominare tutte le terre circonvicine, circondate da un fossato con ponte levatoio di accesso, munito di torri e torrioni con feritoie e dalle quali si proiettavano frecce, pietre e acqua bollente sui nemici"- A.P.TORRI-ne’ “Lo Stato Civile Italiano”, 1987, n. 7, pag. 412.

[6]  -Scudo ovale con cornice a cartoccio-D’Oro a tre fasce di verde.
[7] - La circostanza è ricordata da un'epigrafe posta sopra l’architrave:
D.O.M.
VIRGINI A SEPTEM DOLORIBUS SALUTATAE
HAEDEM HANC
RHEDARUM USU VINDICATAM
ANTONIUS COMES STELLA CARACCIOLO
QUO FACILIORINCOLIS PATERET ADITITUS
PRECES DEO VOTA QUE OBLATURIS
DICANDAM CURAVIT
GABRIELE CALIFANO ARCHITECTONICAE ARTIS MAGISTRO
VI IDUS NOVBRIS ANN MDCCCLXXIV


[8]  - VITO V. DI TURI-“Quaderni per la rilettura della storia di Palagianello”-N.1-Il Territorio di Palagianello nell’agro di Palagiano”-Tip. Policarpo-Castellaneta- 1988- pag.6.
R .PALMISANO –“Palagianello-Le Origini – Il Feudo”- Stampasud – Mottola -  s.d.  (1992).-pag.  172.
[9] La famiglia Stella-Caracciolo possedé Wartenstein e Grimmestein dal 1720 al 1870. (NO Landesarchiv, Besitzerbogen UW 312 )

[10] - Nel 1957, un industriale e filantropo svedese, il Dottor Axel L. Wenner-Gren, acquistò il Castello dal principe di Liechtenstein e lo donò ad una delle sue fondazioni scientifiche, la Wenner-Gren Foundation For Anthropological Research of New York. (F.EHEIM - G. WINNER - "Geschichte der Burg Wartenstein” - 1958-)