giovedì 20 febbraio 2014

PALAGIANELLO: DALL’AGGREGAZIONE AL COMUNE DI PALAGIANO ALLA RICONQUISTATA AUTONOMIA, DOPO CENTO ANNI DI SUDDITANZA








PALAGIANELLO: DALL’AGGREGAZIONE AL COMUNE DI PALAGIANO ALLA RICONQUISTATA AUTONOMIA, DOPO CENTO ANNI DI SUDDITANZA


 L’AGGREGAZIONE – Come si è avuto modo di accertare Palagianello, prima della sua aggregazione a Palagiano, aveva autonomia amministrativa, quale Università, in virtù delle prammatiche di Ferrante primo d’Aragona, promulgate nella seconda metà del ’400.
A capo della Magnifica Università di Paligianello, come scritto in un antico documento, era il Sindaco coadiuvato da tre eletti.
Si legge in quel documento che
“. . .si regge e governa questa Terra da un Sindico, tre eletti, Camerlingo, Jurato, l’elezione de’ quali si fa da loro medesimi a 15 di Agosto, mediante il consenso del Padrone” ([1]).
Il Sindaco e gli eletti, le cui prestazioni erano gratuite con la sola eccezione del Cancelliere che veniva retribuito con 6 ducati l’anno, duravano in carica un anno cioè dal 1° settembre al 31 agosto dell’anno successivo.
Il giorno 14 agosto il Sindaco in carica convocava, a mezzo bandi, i cittadini nella Chiesa Parrocchiale San Pietro Apostolo, che è di proprietà comunale([2]), l’unica dell’epoca dove
l’università della medesima Terra è solita riunirsi per trattare i pubblici affari([3])
per dare corso alle operazioni preliminari delle elezioni che avvenivano il successivo giorno quindici.
Dai documenti consultati (atti notarili, atti preparatori alla formazione del catasto onciario, corrispondenza privata dei Caracciolo, registri parrocchiali, ecc.) peraltro carenti di notizie circa i nomi degli amministratori, siamo riusciti ad individuarne alcuni dei quali ci piace riportare i nomi in appendice a queste note.
Con legge 2 agosto 1806, eversiva della feudalità, furono automaticamente abolite insieme ai feudi le esili strutture amministrative delle Università, di cui abbiamo accennato nell’introdurre l’argomento.
Il riordino amministrativo, seguito alla citata legge napoleonica, aggregò Palagianello al Comune di Palagiano di cui divenne frazione.
La riduzione a quello stato di minorità in cui venne a trovarsi Palagianello, che, come accennato precedentemente, da secoli aveva una sua precisa ed autonoma posizione, sia pure nell’ambito dell’ordinamento feudale, abbisogna di una spiegazione.
Lo storico Pasquale Villani([4]), trattando dell’ascesa di nuove forze sociali, rivendica alla recente storiografia meridionale l’intuito di aver focalizzato nello studio della feudalità e della società del Regno delle due Sicilie, il processo di lenta trasformazione nelle provincia durante il XVIII secolo, con l’emergere accanto al baronaggio e negli stessi feudi in ogni centro cittadino e nei grossi agglomerati rurali di una schiera di benestanti, di proprietari, di nobili viventi, di civili, cioè di un particolare tipo di borghesia agraria, gli antenati prossimi dei ben noti galantuomini meridionali.
Palagianello – in cui la feudalità fra le più oppressive, non aveva consentito il nascere e tantomeno l’affermarsi di un sia pur piccolo nucleo borghese agrario e civile – non venne nemmeno sfiorato da quel processo di trasformazione.
Di conseguenza nel momento applicativo della legge eversiva della feudalità e la conseguente istituzione dei comuni, mentre Palagiano aveva una classe borghese cui affidare incarichi amministrativi che, sulla falsariga della prassi francese, erano conferiti a cittadini benestanti, Palagianello ne era completamente priva e, conseguentemente, oltre all’insufficiente popolazione (in altre parole meno di mille abitanti), mancava dello stimolo necessario alla rivendicazione, nonché dei destinatari da proporre ad un’amministrazione autonoma come, peraltro, è dato riscontrare ai nostri giorni allorché, nella fase esecutiva di provvedimenti legislativi, ottengono di più quelle comunità le cui classi sociali esprimono elementi attivi e preparati.
La nostra cittadina, quindi, era carente di un ceto borghese interessato e capace di rivendicare ed ottenere la gestione amministrativa autonoma e, per la durata di un secolo, non riuscì ad esprimere una sua classe dirigente in grado di sensibilizzare la cittadinanza e le superiori autorità sulle gravi e negative conseguenza sociali ed economiche derivanti dal suo stato di dipendenza dal Comune di Palagiano, anche se in Palagianello ha sempre funzionato una delegazione per lo Stato Civile, l’ufficio di Conciliazione, la scuola e, fino al 27 febbraio 1887, la sede notarile.
Gli avvenimenti del 1799 provocati dalle idee innovative diffuse ovunque dalla Rivoluzione Francese, che indussero il timido Ferdinando IV ad abbandonare la capitale del regno, non produssero solo l’eversione della feudalità, diffusero anche sentimenti di uguaglianza e di libertà che, con la Repubblica Partenopea prima e con il Regno di Bonaparte dopo, tennero alti gli ideali patriottici di quanti preparavano l’indipendenza d’Italia anche dopo la restaurazione borbonica.
Con l’avvento della Repubblica Napoletana, gli echi delle nuove idee propagandate dalla Rivoluzione Francese giunsero anche a Palagianello portate da don Giuseppe Antonio Marinosci, mottolese, all’epoca dimorante in Palagiano, il quale unitamente ad Antonio Montemurro, Carmine Resta, Francesco Antonio Licomati, Francesco Saverio D’Oria, e don Nicola Carmignano, imposero al Parroco, don Domenico Antonio Goffredo, di far cantare in chiesa il “Te Deum”, ed ai cittadini di piantare l’albero della libertà([5]).
Non si ha notizia dell’esistenza in Palagianello di società segrete, ma certamente dopo il 1820 molti furono i cittadini che aderirono ai moti rivoluzionari trasformando alcune abitazioni in luoghi segreti di riunioni ed incontri con attivisti forestieri.
Tuttavia la nostra cittadina, nel suo piccolo, ha vissuto i grandi avvenimenti che portarono all’unità d’Italia.
Le ricerche intorno ai movimenti politici del 1848 annotano per la prima volta Palagianello per essersi tenute dimostrazioni e comizi cui parteciparono certamente due patrioti:
-uno è Saverio Fanelli([6]), originario di Massafra, che risiedeva in Palagianello sin dall’età di due anni, quando il padre Giovanni, nel 1822, aveva assunto la condotta medica.
Numerosi sono i documenti che attestano la sua residenza in Palagianello.
Dall’Archivio della Parrocchia San Pietro Apostolo-Registro delle Cresime- si apprende che
il giorno 25 febbraio 1824, Saverio Fanelli delli coniugi Sig. D. Giovanni Fanelli e D. Caterina Salamanca di Massafra di anni 2 circa fu tenuto nella Cresima da D. Giuseppe Semeraro di Mottola.
Dalle carte relative al sorteggio del 27 ottobre 1824 per l’assegnazione delle quote demaniali, depositate presso l’Archivio di Stato di Lecce, si rileva che a Saverio Fanelli di Giovanni, quale residente, fu assegnata la quota n.281 del demanio Petrosa.([7])
Dagli atti di nascita del 1852 si ricava che Saverio Fanelli, di anni trenta medico cerusico, ha funzioni di testimone nella dichiarazione di nascita di Michele Martellotta.
Ancora il registro delle Cresime, ci fa sapere che il giorno 21 gennaio 1855 Saverio Fanelli funge da Padrino al cresimando Nicola Libraro.
Nel 1857 risiedeva ancora in Palagianello, tant’è che la sua abitazione, il giorno 19 giugno, fu oggetto di perquisizione da parte della Gendarmeria Reale di Terra d’Otranto.
Nel 1860, con il grado di Tenente agli ordini del Generale Medici, unitamente a Nicola Perrone di Laterza, raggiunse le truppe Garibaldine in Sicilia dopo lo sbarco dei “Mille”.
- l’altro è il Dottor Giuseppe Tateo, originario di Putignano (BA), che aveva seguito la famiglia la quale conduceva in fitto la Masseria Parco di Stalla in Palagianello.
Fervente patriota elesse la masseria – che può ritenersi la sede della sezione di cospiratori denominata “La Volpe” che aveva giurisdizione su Castellaneta e Laterza – a luogo di cospirazione.
Patrioti come Saverio Fanelli di Palagianello, Nicola Perone di Laterza, don Giacinto Infantino sacerdote di Montemurro in Basilicata, tra il 1848 ed 1857, erano assidui frequentatori della masseria.
Colpito da una taglia di 5.000 piastre per la sua instancabile opera svolta durante i moti liberali il Tateo, per sfuggire alla persecuzione dei Borboni, fu fatto imbarcare da Brindisi chiuso in una botte e andò in Grecia, secondo altri si imbarcò a Mola per Trieste, percorse la Francia ed Inghilterra facendo dappertutto buona ed efficace propaganda per la causa italiana.
Morto Ferdinando II, sperava di ritornare finalmente alla sua terra e di riabbracciare la madre, Maria Caterina Riccardi, ma la morte, nel giugno 1859, lo colse a Nizza, esule per amor di Patria. Fu sepolto nel cimitero “Cimella” presso quella città.
Caduta la dinastia borbonica con il debole Francesco II e dopo il grande Plebiscito del 1860 per l’Unità d’Italia, altri avvenimenti colpirono la nostra cittadina con lo scatenarsi del fenomeno del brigantaggio.
Certamente questo fu un fenomeno che ebbe origini di natura politica ed economica, ma che fu incrementato soprattutto dalla delusione che le classi subalterne ebbero del governo unitario (piemontese) che aveva promesso benessere, riforma agraria ed emancipazione economica e sociale, oltre al notevole apporto dato dalle bande di delinquenti comuni che, scorrazzando anche nell’ambito territoriale di Palagianello, creavano nella popolazione uno stato di vero terrore che solo la decisa azione della Guardia Nazionale riuscì a debellare.
La tradizione orale ci ha tramandato che :
“Palagianello paese degli ulivi dove i briganti sono ancora vivi”.
In quest’ambito tre le figure che spiccano: Pasquale Trisolini, Domenico Nuzzi e Giuseppe Marinuzzi; il primo condannato a vita, mori in carcere, il secondo, invece, fu ucciso dalle forze dell’ordine in un’imboscata il 29 novembre 1862 ed il terzo fu condannato a venti anni di lavori forzati([8]).
Ed intanto la gente di Palagianello continuava ad essere estranea dalle discussioni e dalle competizioni politiche che si svolgevano a Palagiano, poiché amministrativamente dipendeva ancora da quella cittadina.

IL DISTACCO – Solo agli albori del XX secolo, il malcontento per lo stato di abbandono della frazione fece sì che tra la gente incominciasse a balenare l’idea di separazione che sfociò in due richieste una di distacco da Palagiano e aggregazione al Comune di Mottola e l’altra di scissione e costituzione in comune autonomo.
Animatore del primo fermento il Dr, Salvatore Masella, consigliere comunale in rappresentanza della frazione Palagianello, che vide frustrata la sua azione da una forte opposizione da parte del Consiglio comunale di Palagiano che ricorse a tutti i mezzi per non approvare l’azione separatista.
Così il 24 maggio 1900 fu indirizzata a Re Umberto I una richiesta di separazione da Palagiano e aggregazione al comune di Mottola che, dai sottoscrittori, era giudicato più sensibile ai problemi di Palagianello.
La proposta fu boicottata dagli amministratori di Palagiano che, a differenza del Consiglio comunale di Mottola il quale si era pronunciato sollecitamente ed unanimemente per l’annessione, alle reiterate proteste del Masella e dei Consiglieri della Frazione, rispondeva invariabilmente che nessuna comunicazione era pervenuta a quella Segreteria Comunale.
Soltanto il 15 ottobre 1901 il Masella, dopo aver scomodato finanche Giovanni Giolitti, allora Ministro per l’Interno, mise di sua iniziativa la proposta all’ordine del giorno dei lavori consiliari, costringendo il Sindaco cav. Michelangelo Natale all’esame dell’argomento che, peraltro, sfociò in una delibera la quale non era altro che un compromesso accettato parzialmente dal Masella.
In quella seduta, dopo la lettura di un lungo manoscritto del Masella, il Consiglio deliberò:
Di non interloquire allo stato sulla domanda di segregazione de’ frazionisti di cui ancora il Comune non ha legale conoscenza, e di concedere per l’anno 1903 la separazione del Bilancio della frazione a condizione che i frazionisti ritirino la inoltrata istanza al Governo del Re, per l’aggregazione al Comune di Mottola.  
Finalmente il 23 novembre 1901 il Consiglio comunale fu chiamato a discutere del distacco ma, invece di una (quella del Masella) emersero ben tre proposte: un lunghissimo ordine del giorno, un discorso letto dal consigliere Serafino Sorace ed una relazione del Sindaco della quale ci piace riportare un passaggio con riferimento alla richiesta aggregazione a Mottola:
Che . . .le doglianze della frazione si risolvono in puerili lamenti di una traviata fanciulla, la quale, mistificata dalle lusinghe ippocrite di un’ava che ha degenerato per mille e più generazioni sopravvenute e per diversità di indole e d’interessi, sogna, poveretta, l’istituzione per incanto, di giardini pubblici, di monumenti ecc., spingendosi sino al delirio ed in questo rinnegando persino la sua stessa Patria!
Essa, in vero, in vece di riconoscere di esser sorta dall’immigrazione degli abitanti di Palagiano, onde ebbe a nome Palagianello, esordisce al Governo appellandosi genuina figlia del monte!
. . .e tal sia di te, egregia consorella.
Di due cose però ti esorta la vecchia Palagiano: ricordati delle parole del poeta
il seduttor la vittima accarezza
non cedere al suo riso, egli non ama,
vuol nel fango piombar la tua. . .bellezza
Infine una relazione tecnica dell’ing. Broja di Massafra, commissionata dall’Amministrazione comunale a sostegno delle tesi del Sindaco e del Sorace.
La maggioranza consiliare non condivise le argomentazioni del Masella, ma vi oppose contraddittorie giustificazioni di ordine tecnico ed amministrativo dichiarando di:
Esprimere parere che la segregazione della frazione Palagianello da questo Comune non possa farsi senza violazione dei principi di diritto e di giustizia.
Infine furono addotte contro la richiesta separazione ragioni estreme poco plausibili, quali la maggiore distanza fra Palagianello e Mottola di quella intercorrente tra Palagiano e Palagianello; Palagianello emanazione di Palagiano come starebbe a dimostrare l’etimologia; la inscindibilità dei due centri perché tutti i beni demaniali sarebbero stati concessi ab antiquo all’Ente Comune Palagiano; ed infine che, con la separazione, Palagiano sarebbe diventato
Comune tisico ed annientato finanziariamente.
Certamente il distacco sarebbe stato preceduto da una verifica contabile e patrimoniale le cui risultanze, poi, avrebbero formato oggetto di valutazione per una definitiva decisione sulla richiesta separazione.
Ma verifica significava accertare, pure, eventuali abusi, accertare – cosa che divenne quasi impossibile successivamente([9]) - come gli amministratori avevano gestito le risorse ed il patrimonio dell’Ente; così il Consiglio comunale di Palagiano rimase sordo alle più che giustificate aspirazioni dei cittadini della frazione.
Il problema era maliziosamente eluso e rinviato a colpi di maggioranza, ma certamente non risolto a favore di Palagiano perché l’iniziativa degli elettori di Palagianello, fortemente sostenuta dal dott. Masella che si aspettava dall’annessione al Comune di Mottola
quei benefici e quei miglioramenti che da Palagiano non poteva ottenere,
non era stata vana; dopo qualche anno, dal ristretto numero di cittadini , tanti quanto per il loro censo godevano dei diritti politici, l’esigenza della separazione da Palagiano penetrò e si diffuse in più vasti strati della popolazione acquistando più larghi consensi ed assumendo aspetti più radicali.

VERSO L’AUTONOMIA – Al contrario di quanto era accaduto per quella del dott. Masella – che, forse, era soltanto un disegno perseguito dagli agiati contribuenti ed elettori di Palagianello, i quali nell’operazione di separazione da Palagiano e aggregazione a Mottola credevano di aver scoperto l’alchimistico rimedio universale con cui era possibile ridurre o sopprimere le tasse e le sovrimposte (apportando benefici) e, nello stesso tempo, provvedere alla sistemazione stradale, edilizia, idrica, sanitaria e alle altre esigenze della cittadinanza (producendo benefici)([10]) che, pur con l’appoggio valido di un rappresentante della Frazione, tra rinvii, discussioni, ordini del giorno di varia provenienza, mai ebbe esito favorevole – la proposta di distacco e costituzione in Comune autonomo ebbe corso relativamente celere, grazie al movimento che si era creato intorno ad essa, caldeggiata da Davide Lenge([11]) che, originario di quel di Ginosa, dimorava in Palagianello.
Era accaduto che fra alcuni cittadini di Palagianello, non sappiamo da quando con precisione, era iniziata ad introdursi il pensiero socialista che oltre ad inculcare l’idea autonomistica, spinse i cittadini ad interessarsi della cosa pubblica, fino allora monopolio quasi esclusivo di poche persone di Palagiano.
Con l’accentuarsi dei contrasti sociali, che seguirono alla crisi economica ormai dilagante in tutto il Salento verso la fine del secolo scorso, per iniziativa dell’Avv. Edoardo Sangiorgio – che già nel 1892 aveva aperto un circolo socialista in Taranto – furono costituite in Palagianello, Castellaneta, Ginosa e Palagiano leghe dei braccianti e dei contadini poveri, cui seguì, agli inizi del novecento, la formazione di un nucleo di socialisti composto di braccianti agricoli, quasi tutti potatori, i quali, per ragione di lavoro, erano costretti a recarsi nelle masserie dell’agro di Castellaneta, Laterza, Ginosa, ed altri comuni.
Nel gruppo emergeva il Signor Giuseppe Di Fonzo, anche se non si poteva parlare di vera e propria organizzazione, per la mancanza di un elemento che coordinasse e dirigesse seriamente e con forza le azioni e le aspirazioni dei compagni.
In effetti, gli operai potatori erano uniti nella loro idea più per rivendicazioni di carattere sindacale che politico.
Per loro si trattava di modificare l’orario di lavoro oltre a rivendicare un giusto salario, auspici molto sentiti dalla stragrande maggioranza della popolazione.
Da una parte, infatti, c’erano i grossi agrari i quali detenevano quasi i due terzi di tutto l’agro comunale, dall’altra gente povera ed affamata([12]).
Si pensi che all’epoca gli operai, per raggiungere il posto di lavoro, erano costretti a percorrere, a piedi e chi li possedeva con l’asino oppure con il traino sino a trenta chilometri fra andata e ritorno in Paese.
Dalla nonna materna, Lippolis Maria Giuseppa, abbiamo avuto, giovane studente, testimonianza sulle vicissitudini giornaliere degli operai potatori i quali partivano all’alba, per ritornare intorno alle ore diciannove, quando andava bene, mentre i salariati ed i pastori rientravano in paese ogni quindici giorni; si può immaginare, pertanto, come il nuovo verbo gridato dai socialisti fosse ben accetto a tutta la popolazione rurale la quale, peraltro, non intraprese alcuna campagna di odio verso le altre classi sociali e contro la fede.
Alcuni operai, fra i quali Gaetano Terzuoli, Giuseppe Di Fonzo, mio nonno materno Giulio Murgiano ed altri che, per ragioni di lavoro frequentavano l’agro di Ginosa([13]), conobbero Davide Lenge il quale, trasferendosi in Palagianello, si pose alla testa dell’informe gruppo di ispirazione socialista, apportando sicuramente utilità alla massa dei contadini che finalmente aveva alla sua guida, sia pure a costo di rilevanti contributi, una persona piuttosto istruita, nella considerazione del fatto che il Lenge aveva compiuto i suoi studi in seminario e in seguito, per disavventure coniugali, si era dato alla politica.
Da informe qual era, senza alcun serio programma di proselitismo e di lotta, il gruppo, con la presenza a Palagianello del Lenge, ricevé una forte spinta tutta tesa a comporre un’organizzazione contadina di orientamento socialista nell’ambito territoriale.
Il Lenge seppe imporsi subito all’attenzione della cittadinanza, poiché come suo primo atto impostò il problema dell’autonomia di Palagianello tanto che il primo Consiglio comunale alla sua seconda deliberazione([14]) volle conferirgli la cittadinanza onoraria.
Contestualmente al problema dell’autonomia furono impostati ed attuati due questioni – strettamente collegati fra loro – di carattere socio-politico, vale a dire la costituzione della Lega dei Contadini e la Cooperativa di Consumo fra i Lavoratori di Palagianello([15]) le cui cariche sociali erano così distribuite:
-Direttore: Gaetano Terzuoli di Nicola;
-Consiglieri di Amministrazione: Francesco Francavilla fu Pasquale, Giulio Murgiano fu Carmelo, Angelo Gigante fu Luigi e Antonio Donvito fu Vincenzo;
-Sindaci: Angelo Piepoli fu Donato; Pietro Marinuzzi di Giovanni e Vincenzo Carpignano fu Giacomo;
-Sindaci Supplenti: Carmine Chiulli di Francesco e Leonardo Gasparro di Giorgio;
-Probiviri: Nicola Tangorra fu Francesco, Graziantonio De Castro fu Filippo, Giovanni Lippolis fu Luigi e Paolo Trisolino fu Giovanni;
-Magazziniere: Mazzarrino Giuseppe fu Guglielmo;
-Cassiere: Vincenzo Mappa fu Nicola;
-Segretario: Michele Tamburrano fu Martino;
-Vice Segretario: Cosimo Capone fu Giacomo.
Mentre le questioni socio-economico erano affrontate subito, quella dell’autonomia, invece, trovava le resistenze degli Amministratori di Palagiano che, dopo molti rinvii, finalmente, posero all’ordine del giorno, discusso dal Consiglio comunale nella seduta del 9 ottobre 1906, la domanda degli
elettori di Palagianello per la costituzione della frazione in Comune autonomo.
Questa proposta, come le precedenti, ebbe intralci, con vari cavilli di ordine procedurale da parte dei consiglieri di Palagiano al fine di far invalidare la riunione per non discutere la richiesta di separazione ma, per non incorrere in eventuali illegittimità, il Consiglio comunale, su iniziativa della maggioranza, invertì l’ordine del giorno e si riservò di adottare altra deliberazione, naturalmente in una seduta successiva, per disciplinare la divisione del patrimonio e delle spese.
I tempi erano ormai maturi, l’argomento non poteva essere ulteriormente rinviato, anche perché sia il Consiglio comunale di Palagiano sia quello provinciale si erano espressi per la separazione, sicché il 24 aprile 1907 il deputato On. Giuseppe Alberto Pugliese([16]) illustrò la sua proposta di legge alla Commissione parlamentare che, all’unanimità, si espresse favorevolmente.
La proposta fu discussa ed approvata a larga maggioranza, dalla Camera dei Deputati nella seduta del 6 maggio 1907, mentre al Senato l’argomento, che ebbe soltanto 48 voti favorevoli su 77 senatori presenti e votanti, fu trattato il 4 giugno dello stesso anno.
Orbene, se alla Camera l’argomento fu approvato senza discussione, non altrettanto scontato fu invece al Senato il quale sulla relazione del Senatore Carafa D’Andria, che aveva fatto propria quella presentata alla Camera dall’On. Pugliese, aprì un ampio dibattito sulla proposta.
Alcuni senatori investirono della questione persino il Governo, allora presieduto da Giolitti, chiamandolo a fare dichiarazione di responsabilità sulle tante richieste di separazione e divisione di Comuni.
I timori erano che, una volta ottenuta l’autonomia, le frazioni non sarebbero state in grado di autogovernarsi per mancanza di mezzi.
In proposito il sen. Francesco Buonamici, professore di diritto a Pisa, in un suo intervento manifestò grossi dubbi sulle capacità amministrative ed economiche dei piccoli comuni i quali, ormai, non erano più quelli di una volta, ossia, non erano l’unione di padri di famiglia che dovevano amministrare i loro averi con prudenza e che facevano poche spese, mancavano, a suo dire, in molti casi
anche il modo di scegliere nel paese buoni consiglieri comunali e un buon sindaco ([17]).
Dopo l’approvazione dei due rami del Parlamento fu emanata la Legge 6 giugno 1907, n. 318 che sanciva la ricostituzione del Comune di Palagianello([18]).
  Intanto la frazione non dormiva.
Per tutelare gli interessi di Palagianello nel progetto di distacco fu costituita una Commissione composta da Giuseppe Carbotti([19]), Michele Tamburrano e Francesco Libraro i quali, dopo varie riunioni ed incontri con gli Amministratori di Palagiano, presentarono apposita relazione.
Il distacco comportava, oltre alla divisione del patrimonio, anche la delimitazione dei confini([20]) che fu curata dall’ing. Vito Luisi, mentre il progetto di riparto delle attività e passività fu redatto dal Vice Ragioniere della Prefettura Giovanni Vento.
Le proposte, dopo essere state approvate dal Consiglio comunale di Palagiano nella seduta del 23 novembre 1907 e dai rappresentanti della Frazione il giorno 30 dello stesso mese, furono riportate nel Decreto Reale del 23 febbraio 1908.
Finalmente il 16 aprile 1908 il Regio Prefetto di Terra d’Otranto nominò un Commissario, nella persona del sig. Luigi Capriulo di Castellaneta, il quale curò l’impianto dell’Ufficio comunale del nuovo Ente e la fase preparatoria delle elezioni generali per la nuova rappresentanza consiliare che avvennero il giorno 3 maggio 1908.
A conclusione delle operazioni di voto il Commissario Capriulo telegrafò alla Sottoprefettura di Taranto che:

“Terminata ora elezione costituzione seggio definitivo con riuscita partito popolare”.

Finalmente, dopo oltre un secolo di sottomissione, Palagianello ritornò all’autogoverno.


Copyright © by V. Vincenzo Di Turi-2010
La riproduzione è interdetta se non sia citata la fonte

Vito Vincenzo Di Turi 






P.S. - Nel 1982, autorizzato dalla Sovrintendenza Archivistica, ebbi occasione di visitare l'Archivio comunale di Palagiano ove, fra le altre notizie (scarse), rinvenni il volumetto dal titolo:

LA SUPERBIA UMILIATA ovvero DIGITUS DEI EST HIC  che percuote per mezzo dell’Ill.ma Corte d’Appello delle Puglie sedente in Trani LA COCCIUTAGGINE degli sviati Amministratori di Palagiano per Pasquale NATALE- Taranto- Tipografia di Ruggiero Parodi-1885

Qualche anno fa, per documentare una relazione sono ritornato in quell'archivio, purtroppo il volumetto era sparito (chissà quale mano ha ritenuto di prenderlo!).

Il proprietario di quella mano (quella ignota mano cosa voleva nascondere?)  forse non conosce l'esistenza delle biblioteche. Ed infatti  sono bastati pochi euro per averne copia.

Ora, per la serie "per non dimenticare" ritengo opportuno pubblicarlo,

a futura memoria

poichè

"All'0rigine di tutte le grandi ricchezze ci sono cose che fanno fremere" 

(Louis Bourdalou - predicatore francese 1632-1704  




 

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