A QUANDO "VIA PASQUALE TRISOLINI"
sabato 5 ottobre 2013
domenica 26 maggio 2013
PALAGIANELLO E IL BRIGANTAGGIO
Vito Vincenzo Di
Turi
Consulente
Storico-Giuridico in materia di Usi Civici
e Terre Civiche
Vito Vincenzo Di Turi
Per la presentazione del libro
Palagianello e il brigantaggio
Le vicende nei Comuni del Comprensorio
Terre delle Gravine
di
Giovanni D’Auria, Carmelo Luprano
ed Angelo Sponsale
Palagianello, Giovedi 26 settembre 2002
Aula Consiliare
Autorità, Signore e Signori,
era indecoroso sentire, anche dai nostri conterranei,
che il nostro era un Comune senza storia, per lo meno quella scritta.
Questo vuoto nella storiografia di Palagianello va ora
man mano colmandosi grazie alle ricerche di alcuni nostri concittadini ed a
contributi di altri, come il prof. Orazio Santoro. Suo è Palagianello prima
e dopo la rivoluzione napoletana del 1799.
Gli amici Giovanni D’Auria, Carmelo Luprano e Lillino
Sponsale, con la pubblicazione dal titolo:
PALAGIANELLO E IL BRIGANTAGGIO
hanno aggiunto un nuovo tassello per la conoscenza della storia di Palagianello
Grazie alle loro ricerche si è finalmente sollevato il
sipario su una parte della nostra storia:
il
brigantaggio
che
per Palagianello si configura con quella tutta meridionale; poiché identiche
sono le vicende che scatenarono il fenomeno.
Nella presentazione il prof. Mario Spagnoletti ha
posto il dito sulla piaga e sintetizza i motivi ispiratori del fenomeno, mentre
gli autori, fra l’altro, hanno fatto riferimento alla questione della
ripartizione delle terre demaniali, oggetto, sin da epoca remota, di massicce
usurpazioni da parte dei c.d. galantuomini che, in quanto a comportamenti, nulla avevano da invidiare agli ex baroni.
Della probabile
connessione fra questione demaniale e fenomeno del brigantaggio in Palagianello
ne avevo sentito parlare sin da piccolo, poiché Serafina Trisolini, sorella del
c.d. brigante Pasquale Trisolini, è la mia bisnonna, ovverosia la madre di mia
nonna materna, dalla quale ho avuto occasione di ascoltare le vicende intorno a
questo avvenimento, molte delle quali hanno trovato riscontro nei documenti
consultati, con certosina pazienza, dagli autori del volume che questa sera si
presenta.
Sia pure nel breve tempo che la circostanza consente,
dirò sommariamente delle nostre vicende demaniali, significandovi che il grado
di credibilità è garantito da un vistoso apparato di documenti chiari ed
inoppugnabili e da un’analisi dei fatti condotta, secondo il detto di Tacito, sine ira et sine studio, in
altre parole senza prevenzione e senza partigianeria.
Con la legge eversiva della feudalità le proprietà dei
baroni furono assoggettate al diritto comune e ai cittadini fu riconosciuto il
secolare diritto degli usi civici sulle proprietà feudali.
Scopo di quella legge
fu, fra l’altro, quello di convertire le terre feudali in proprietà allodiali,
distaccandone una parte in favore delle comunità, sulla quale i cittadini
esercitavano il secolare diritto di uso civico, con l’intenzione di attuare il
principio che mirava al miglioramento agricolo ed economico degli abitanti,
disponendone la suddivisione in favore della collettività.
Il Racioppi al proposito annota:
fu ordinato distaccarsi
dalla proprietà feudale una parte delle terre, e questa parte venne attribuita
al Comune non come patrimonio, ma come retaggio dei minori cittadini, a cui il
Comune doveva trasmetterla. Queste porzioni distaccate dalle terre feudali in
compenso degli usi civici, costituirono i beni demaniali del Comune, eredità
futura dei nullatenenti…
L’operazione
di suddivisione del demanio prese il nome di quotizzazione.
Per
quanto riguarda Palagianello, ben tredici anni dopo la divisione in massa,
ovverosia nel 1824, parte di queste terre furono quotizzate ed assegnate a 548
cittadini.
Con la quotizzazione, che nell’intenzione del legislatore doveva apportare un miglioramento agricolo ed economico degli abitanti, la realtà sociale dei cittadini di Palagianello non si trasformò sostanzialmente: la libera proprietà che doveva costituirsi era già sull’orlo del fallimento per difetto di alcuni provvedimenti che regolavano la gestione dei demani civici.
Con la quotizzazione, che nell’intenzione del legislatore doveva apportare un miglioramento agricolo ed economico degli abitanti, la realtà sociale dei cittadini di Palagianello non si trasformò sostanzialmente: la libera proprietà che doveva costituirsi era già sull’orlo del fallimento per difetto di alcuni provvedimenti che regolavano la gestione dei demani civici.
Ciò produsse un grave
squilibrio economico che, per alcuni - come quell’Angelo Ventrelli capo della
Guardia Nazionale – fu fonte di ricchezza.
Appena
sei anni dopo la quotizzazione - con la
quale, molto probabilmente, si volle coprire precedenti usurpazioni del
demanio - il sessanta per cento del
demanio Titolato era in possesso di tre persone, mentre la quasi totalità di
quello denominato Conocchiella era passato nelle mani di cinque persone,
imparentate fra loro attraverso una rete incrociata di matrimoni - vanificando la legge sulla divisione dei
demani, che nella mente del legislatore bonapartista era di formare una classe
di piccoli proprietari affezionati alla terra.
Si
assisté, infatti, allo stravolgimento dello spirito e della finalità della
legge.
La
mancanza di incentivi e di sgravi fiscali, almeno fino a quando le terre
quotizzate non avessero dato un minimo di reddito tale da permettere, specie
per i più miseri, il pagamento del canone infisso sulla quota, dettero l’avvio
alle manovre intese a spossessare i quotisti più indifesi, quasi tutti.
In
questo contesto si verificò in maniera virulenta uno strano fenomeno: quello
delle quote abbandonate.
Moltissime
quote, infatti, risultavano stranamente incolte ed abbandonate ed il “Casciere” comunale fu costretto a
registrare il mancato pagamento del canone che ogni originario assegnatario era
tenuto a corrispondere al Comune.
In
questa operazione grande peso ebbe il
Sindaco di Palagiano (è noto che dal 1806 al 1907 Palagianello è stato prima
Comune aggregato e poi frazione di Palagiano) il quale, con un comportamento
certamente non conforme alla legge,
assegnava graziosamente ed a suo piacimento le quote abbandonate a
cittadini di Palagiano spesso possidenti ed amministratori, stravolgendo lo
spirito della legge che aveva lo scopo di affrancare dall’indigenza, dopo
secoli di vessazioni feudali, le misere classi rurali e non già di impinguare
ulteriormente i possedimenti dei ricchi proprietari.
Con
questi meccanismi perversi venivano concesse ai maggiorenti le terre pubbliche
di Palagianello e questo avvenne sia in danno dei primi assegnatari, non
sappiamo fino a che punto colpevoli di abbandono, e sia a discapito di altri
cittadini di Palagianello che sarebbero potuto
essere favoriti dal sorteggio nella quotizzazione, poiché i terreni
cosiddetti abbandonati dovevano ritornare alla massa demaniale per essere
riassegnati ad altri cittadini.
Questo
significò il passaggio delle quote demaniali nelle mani di pochi e la
trasformazione dei quotisti da contadini poveri a “bracciali”, come si
diceva allora, per la qual cosa le speranze e lo spirito innovatore che doveva
apportare l’abolizione del feudalesimo non trovarono riscontro in quella realtà
sociale, giacché l’idea di dare “la terra a chi la lavora” - voluta e realizzata in parte nel periodo
1806-1825 - agli inizi della seconda metà dell’ottocento a Palagianello era
fallita
Proprio
in questo periodo si ebbe il rafforzamento del ceto dei cosiddetti “civili”
e dei possidenti, in altri termini di quella piccola borghesia rurale che era
costituita dall’ex fattore di campo, dall’ex massaro, dall’ex fittavolo poi
possessore dei terreni civici per graziosa determinazione del Sindaco, peraltro
espressione di quel ceto, le cui famiglie, sempre le stesse, si fecero strada
sia nell’ambito delle attività economiche sia in quello delle cariche
pubbliche, creando quella concentrazione monopolistica che andava sotto il nome
di nuovo feudalesimo.
Qui
questa nuova forma di potere, si innalzò a dignità di “categoria”, a
fatto eterno e ricorrente, nel quale, da sempre si celebra la facile vittoria
del prepotente sul debole.
In
questa situazione, dopo la caduta della dinastia borbonica ed il Plebiscito del
1860 per l’Unità d’Italia, si scatenò anche in Palagianello il fenomeno del
brigantaggio che certamente ebbe origini di natura politica ed economica,
incrementato soprattutto dalla delusione che le classi sottoposte ebbero dal
governo Unitario il quale aveva promesso benessere, riforma agraria ed
emancipazione sociale ed economica.
Non
fu così.
Le
favolose promesse non furono mantenute.
Il
governo unitario non capì, o non volle capire il fenomeno, creando fra
cittadini un clima di sfiducia che è sintetizzato nella frase che Domenico
Pugliese il 3 ottobre 1860 - discorrendo con Vitantonio e Francesco Aloisio
nella bettola gestita da Paolo Trisolini, padre del “brigante” Pasquale Trisolini - pronunciò:
Vassi a far fottere Vittorio Emanuele
e chi lo ha
fatto sedere alla sedia
Su
segnalazione del Capo Sezione della
Guardia Nazionale, Angelo Ventrelli, il Regio Giudicato del Circondario di
Mottola, con sentenza del 21 gennaio 1861, condannò il Pugliese a sette mesi di
prigionia ed al pagamento delle spese di giudizio per oltraggio al Re
Vittorio Emanuele e irrisione del plebiscito.
Per aver or ora ripetuto quella frase, conto di non
incorrere nei rigori della legge per lesa maestà.
Meglio - parafrasando il titolo di un libro di
Marcello D’Orta in circolazione qualche anno addietro –
Io, speriamo che me la cavo,
Grazie a voi tutti.
martedì 26 marzo 2013
Bosco "Serrapizzuta"
Vito Vincenzo Di Turi
Istruttore
demaniale – Consulente Storico-Giuridico in materia di Usi Civici e terre
Civiche
Iscritto
nell’Elenco degli Istruttori e dei periti Delegati tecnici – Sezione
storico-giuridico
(B.U. Regione
Puglia 11 novembre 2004, n.135)
I cittadini di Palagianello sono proprietari
di un ricco patrimonio boschivo:
“SERRAPIZZUTA”. ED E’ VERO!
Mi piace tanto ricordare
a tutti i Palagianellesi, anche a quelli che sanno, che il bosco “Serrapizzuta”
è di tutti i cittadini e non del Comune il quale, con riferimento al bosco, per
essere l’Ente esponenziale, ha soltanto la gestione in nome e per conto dei
proprietari, ovverosia i cittadini, tutti, di Palagianello i quali, su
quel terreno, hanno il diritto di esercitare gli Usi civici sia “Uti
singuli” sia “Uti cives, come diffusamente esercitati in
passato.
Dobbiamo sapere, tutti,
anche quelli che conoscono, che il bosco Serrapizzuta è stato concesso in
proprietà a tutti i cittadini (non al Comune) dopo la divisione in massa dei
demani avvenuta per effetto dell’eversione della feudalità ed in compenso degli
usi civici che i cittadini naturali di Palagianello
esercitavano su tutte le terre ex feudali.
Brevemente, affermerò che
dopo gli avvenimenti della rivoluzione francese, con la legislazione
napoleonica, il sistema politico-economico del Regno di Napoli fu sconvolto;
furono emanate disposizioni radicali; il Diritto Feudale fu soppresso:
la feudalità con tutte le sue
attribuzioni resta abolita ... . Tutte le città, terre e
castelli...saranno governati secondo le leggi comuni del Regno.
(art.1, legge 2 agosto 1806, n°130).
La trasformazione istituzionale e sociale fu
completata con altri successivi provvedimenti.
Mentre la legge 2 agosto 1806, dichiarando
abolita la feudalità con tutte le sue attribuzioni, colpiva il potere baronale
nelle sue prerogative giurisdizionali e, in certa misura, nella sua stessa base
patrimoniale, la legge 1° settembre 1806 sulla ripartizione dei demani
promovendo un nuovo assetto delle terre, sia feudali sia comunali, dava un
nuovo impulso al già avviato processo di privatizzazione e di chiusura delle
terre comunali.
A seguito di ciò i feudi
furono divisi:
- ·-le difese comunali furono restituite ai cittadini e date in gestione ai Comuni sotto la denominazione di "Demanio Universale".
- ·-una parte dei territori furono dichiarati demaniali ed assegnati ai Comuni in compenso dei diritti di uso civico che i cittadini esercitavano sul demanio ex feudale;
- ·-l'altra parte rimase nelle mani dei baroni, ormai ex feudatari, a compenso di antichi titoli e/o di crediti maturati nei confronti del Regno.
Con l'ordinanza del 16
febbraio 1811, fu quantificata, in ragione della metà, la quota spettante al
Comune di Palagianello in compenso degli usi civici su tutto il territorio ex feudale,
mentre con quella 16 settembre 1811, il Procuratore Acclavio, nel fare proprio
il verbale di misura e apprezzo di tutto il territorio soggetto a divisione,
conferiva incarico all'agente ripartitore del distretto di Taranto, Carlo
Fasano, di eseguire il distacco della quota di territori assegnati al Comune di
Palagianello nella divisione in massa dei demani ex feudali.
Dopo quell'operazione
al Comune, quale Ente esponenziale e gestore delle terre assegnate
alla popolazione (collettività), fu destinato anche il bosco
“Serrapizzuta” nel quale bosco, che peraltro non può cambiare destinazione
d’uso, i cittadini di Palagianello hanno il diritto imprescrittibile,
inalienabile, inusucapibile, incommerciabile di esercitare l’uso civico
ovverosia, per semplicità, il diritto di raccogliere funghi, erbe
selvatiche, erbe aromatiche, fare legna, passeggiare, camminare, godere
dell’aria balsamica impregnata dai profumi dei pini, attingere acqua dai due
pozzi (ancora esistenti?), pernottare (se possibile) ecc.
E se questo diritto è
esercitato dal cives rispettando il bosco, nessuna autorità, dico
nessuna può vietarlo.
Va da se che
l’Amministrazione comunale, quale Ente esponenziale, si deve far carico
di un regolamento, sentito i cittadini, perché sia il bosco, sia i diritti
inalienabili ed imprescrittibili dei cittadini stessi siano rispettati.
Questa, brevemente, molto
brevemente la situazione storico-giuridica del bosco civico “Serrapizzuta” che,
ripeto, è proprietà dei cittadini.
Ritornerò sull’argomento,
se necessario, con maggiore incisione.
Castellaneta, 21 luglio
2008
Vito Vincenzo Di Turi
Chiesa Rupestre S. Lucia in una foto di circa 7 anni lunedì 11 febbraio 2013
La “marina di spiaggia” di Palagianello ovvero “u carr d’la Cunucchjedd”
La “marina di
spiaggia” di Palagianello
ovvero
“u carr d’la Cunucchjedd”
1.
U carr della Conocchiella
Da un antico
documento(1)
i confini di Palagianello vengono cosi descritti:
“. . .et confinatas de feudo de
Paliscianelli et infra fines deducendo infrascriptos fines in dicto territorio
videlicet dal paretone infronte la gravina de Paliscianello per la spechia de
monte calvo per la gravinella al loco dicto columbro de vito pampano ed dallà
discender alo concho del S.ore et saglie verso mare per una finaida
presso Sancto Joanne delli canali per lo fronte de la difesa de Sancto Felice
per la fontana de troveraro (Trovara)
per la fineta de machia interlizzi per
mezo la difesa de Paliscianello a mare
et per la marina allo fiume del Lato ed sale alla Lama de rio et si trova
al dicto paretone. . .”
I confini come
sopra descritti vengono richiamanti nell’apprezzo redatto dal Regio Ingegnere
Luise Nauclerio compilato il primo settembre 1676 per incarico del Regio Fisco(2) e riconfermati in un documento del 1688(3)
.
Il Regio ingegnere
Luise Nauclerio così descrive in termini
sintetici la posizione del territorio:
Gode questa terra lunga e spaziosa vista di
campagna e mare, situata in luogo quasi piano fra due gravine, seu valloni, che d’inverno portano acqua da una parte
per poca distanza; vi sono alcune piccole collinette, il suo aspetto è verso
mezzogiorno dov’è il mare e ventilato da tutti i venti.
Il suo territorio principiando da Tramontana
confina con un paretone sulla gravina di Castellaneta, all’incontro della città
juxtra la difesa di Selvapiana della città di Mottola e dalla parte verso
Levante continua da esso paretone in fino alla Specchia di Montecalvo,
caminando verso mezzogiorno continua detto paretone sino al luogo detto Colombo
di Vito Pampano juxtra li confini di Mottola e confini di Palagiano. Si estende
dal detto Colombo di Vito Pampano sino alle Conche del Sigre.e da
esse alla via di Taranto ed arriva alla Specchia della difesa di S. felice
passa sopra la Cappella di S. Giovanni delli Canali e ti va sino verso
mezzogiorno a sinistra sino ad un’altra Specchia ch’è sopra li Portini di
Taverna (Trovara) e laminasi verso
ponente per insino alla Fonte della Lama di Taverna dove vi è un termine di
pietra con croce sopra; e caminando per libeccio si va per un altro limitare
sino sopra la Fontana di Calce (Calzo) e
di S. Maria di Lenne e si passa per un luogo dove si dice Macchiaterlizza e ti
va sino ad una strada carrera che viene da Brudino (Bradano?) e traversa e Fontana Palombo dove terminano
li confini di Palagiano. E cominciando per il territorio delle difese di Padule
Montana (Palude Molitana) e
Conocchiella della suddetta strada Carrera, caminando poco distante dalla fonte
della difesa di Palagiano si va al Giogone di S. Nicola e mediante un pozzo
d’acqua sorgente si va alla marina di
spiaggia che va a Taranto e svolta sino alla bocca del fiume di Castellaneta, seu Lato, e da quelo luogo si
entra alli confini di Castellaneta e camminando sopra si va alle Saline, dove
si fa il sale del Reg° Fondaco di detta città, e per la riva del fiume di
Castellaneta si va al paretone della Lama della Gravina di dove si è
principiato la descrizione di detti confini che circuiscono tutto il territorio
di Paligianello, quale circuito è di miglia diciannove in circa…(4).
Gli attuali confini,
invece – salvo le modifiche, che poi diremo, ancora una volta apportate in
favore del territorio di Palagiano nel 1907 – sono quelli determinati con
verbale della presa di possesso dei demani assegnati a Palagianello a seguito
della divisione in massa avvenuta in esecuzione della legge eversiva della
feudalità, riportato nella “Topografia
dell’ex Feudo di Paliggianello”(5)
redatto in data 13 aprile 1811 dai periti Caramia Pietro, Costanzo Biaggio e
Campanella Giuseppe i quali dovevano eseguire la sentenza emessa dalla
Commissione Feudale il 20 giugno 1810, su ricorso del Comune di Palagianello
contro l’ex feudatario, marchese di Santeramo.
In quel periodo gli
interessi di Palagianello venivano curati dal Comune di Palagiano per la nota
faccenda dell’aggregazione avvenuta nel 1806 per motivi demografici.
Certamente in
quella causa Palagianello non fu ben rappresentata, se si tiene conto che la
rinuncia da parte del feudatario di Palagiano all’ “Jus fidœ pascoli” – ripagata con la cessione di circa 617 ettari di territorio,
peraltro, sempre contestata dai precedenti feudatari, i Domini Roberti, e che
mai ottenne la sovrana sanzione – venne interpretata come cessione di
territorio tra Comuni.
Fino al 1806, epoca in cui Palagianello aveva
ancora dignità ed autonomia quale “Universitas”
quel territorio, che comprende la “Palude
Molitana e otto carra”(6) nella Conocchiella, veniva considerato,
ed era, tenimento di Palagianello che ne esercitava tutti i diritti, meno
quello di possesso che, in virtù dell’accordo fra i due feudatari prima
richiamato, si apparteneva al principe di Cursi che all’epoca era feudatario di
Palagiano.
Come abbiamo
appreso dai documenti Palagianello confinava a Nord con il Comune di Mottola,
ad Est con quello di Palagiano, ad Ovest con la gravina di Castellaneta e a Sud
con il mare; la sua estensione territoriale doveva essere di circa 206 carra
pari a circa 4.950 ettari, invece degli attuali 4.327.
Il territorio
rimase tale fino al 1811, quando già da circa
cinque anni Palagiano amministrava il patrimonio di Palagianello ed
epoca della delimitazione del feudo da parte dei periti Campanella, Caramia e
Costanzo i quali, incaricati della perizia ed apprezzo del demanio di
Palagianello, tracciarono i confini in conformità ad indicazioni errate, e,
forse, con riferimento ad una pianta in possesso del marchese di Santeramo che
escludeva quella parte del feudo denominata Palude Molitana ed otto carra della
Conocchiella, che, come abbiamo detto prima, era in possesso del principe di
Cursi.
La vicenda infine
va letta ed interpretata anche con riferimento alle risultanze dell’Archivio
della Parrocchia San Pietro Apostolo di Palagianello, l’unica dell’epoca.
E’ da premettere,
sia pure brevemente, che con la decadenza del potere dei comuni, l’unica
possibilità per i cittadini di provare lo stato civile rimase affidata ai
registri che, in obbedienza alle disposizioni del Concilio di Trento, i parroci
erano obbligati a tenere.
I parroci, quindi,
all’epoca erano i soli depositari dei registri costatanti tre eventi che nella
vita umana hanno la massima importanza: la nascita, il matrimonio e la morte
delle persone.
Ciò posto, bisogna
affermare che la tenuta di questi registri, vale a dire battesimo, matrimonio e
morte viene imposta al Parroco come dovere fra i più gravi e considerato che
gli stessi hanno valore giuridico perché documenti pubblici ecclesiastici ed in
quanto tali fanno piena fede per usi non religiosi.
Illuminante è
l’atto di morte conservato nell’Archivio
Parrocchiale della Chiesa di San Pietro Apostolo di Palagianello:
“Palagianello,
lì 17 maggio 1792
Dom.co
Galeotta di Palagiano d’età sua d’anni 65 in circa si è trovato ucciso in questo tenimento e propriamente nell’otto carra e si è seppellito in
questa Parrocchial Chiesa sotto il titolo di S. Pietro, onde in fede – Don
Nicola Laino Arciprete Curato”.
Dalla lettura di
questo documento si ricavano due importanti notizie:
·
la
prima che le “otto carra”
territorialmente si appartenevano a Palagianello;
·
la
seconda che la morte, avvenuta fuori della cinta urbana, di un cittadino è
stata riportata nei registri di morte della Parrocchia S. Pietro Apostolo di
Palagianello che aveva giurisdizione su tutto il territorio del Comune di
Palagianello.
Se, invece, le “otto carra” fossero appartenute a
Palagiano il Parroco di S. Pietro non avrebbe usato la formula “. . . si è trovato morto in questo
tenimento. . .”, non solo, ma
dell’evento non si sarebbe dovuto trovare traccia nei registri parrocchiali di
Palagianello per difetto di giurisdizione che, in quella ipotesi, sarebbe
ricaduto sotto quella della Chiesa Parrocchiale di Palagiano.
A nostro avviso
l’errore, se tale lo si vuol considerare, fu commesso nella impostazione dei
ricorsi dei due Comuni innanzi alla Commissione Feudale la quale, nel caso in
esame, non sarebbe stata chiamata a decidere sui confini, poiché, nell’ambito
delle sue attribuzioni, non rientravano quelle di pronunciarsi sulle eventuali
azioni promosse tra comuni in materia di confinazione ed occupazioni di suolo
anche di natura demaniale(7).
Il Decurionato di
Palagiano conferì incarico perché innanzi alla Commissione Feudale venissero
discusse le liti fra il Comune di Palagiano ed il principe di Cursi e tra il
Comune di Palagianello ed il marchese di Santeramo, mentre in nome del comune
aggregato Palagianello doveva essere chiamato in causa oltre al anche il
principe di Cursi per la parte di territorio, ricadente in quello di
Palagianello, in suo possesso, vale a dire le “otto carra e Palude Molitana”.
Così non fu, con la
conseguenza che quel territorio venne salomonicamente diviso fra il principe di
Cursi ed il Comune di Palagiano il quale innanzi alla Commissione Feudale si
era sostituito al Comune aggregato Palagianello.
Indicativa è la
circostanza che l’anno precedente le sentenze della Commissione Feudale, vale a
dire nel 1809, per la divisione delle terre era stato ordinato la compilazione
del catasto comunale, attraverso il quale, molto probabilmente, il Comune di
Palagiano si appropriò di quella parte di terreno iscrivendolo a suo nome,
dando luogo all’usurpazione di circa 617 ettari
territorio.
La correzione non
venne fatta nemmeno quando, in presenza di molte usurpazioni di terre da parte
di comuni ed abitanti ai danni di altri comuni, nel 1815 fu indetto un nuovo
catasto comunale per rivedere il precedente e conoscere le occupazioni abusive.
E non poteva essere
altrimenti, poiché a gestire “l’operazione
catasto”, che per Palagianello era separato, fu sempre il comune capoluogo
il quale aveva tutto l’interesse a non evidenziare l’abuso commesso ed anche
per non smentire l’operato dei periti che, forse, avevano steso un velo sulle
molte usurpazioni, in danno del demanio di Palagianello, già in atto da parte
di cittadini di Palagiano, quasi sempre amministratori.
A
conclusione di questa parte ci preme rilevare come in circa due secoli nessun
amministratore Palagianellese si sia mosso al fine far restituire dal Comune di
Palagiano quella parte del territorio di Palagianello acquisito al tenimento di
quel Comune.
Nella
eventuale controversia il Comune di Palagianello , certamente, ne uscirà
vittorioso(8).
Vito Vincenzo Di Turi
[1] - ARCHIVIO DELLA BADIA DI CAVA DEI TIRRENI –
Arch. XCV, 44 – Manoscritto 5937.
[2] - A.S.L. – Scritture delle Università e feudi
di Terra d’Otranto.
[3] - ARCHIVIO PRIVATO CARACCIOLO –
Viglione-Santeramo – “Platea generale del
Stato dell’Ecc.ma Casa di santeramo, Cervinara e Palagianello formata dal Rev.
Michele Bozzi a XXII marzo 1688”.
[5] - L’originale della tavola è conservato
presso l’Archivio di Stato di Lecce.
[6] - Ogni carra è pari ad ettari 24.69.40
[7] - Decreto 6 dicembre 1808- “Intorno alla competenza della Commissione
Feudale”.
[8] - Il diritto del Comune sul territorio è
imprescrittibile; pertanto in ogni tempo il Comune può rivendicare parte del
suo territorio che, di fatto, senza titolo giuridico, sia stato aggiunto ad
altro comune. (Consiglio di Stato –
Parere – 26 giugno 1956, n. 403).
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