domenica 26 maggio 2013

PALAGIANELLO E IL BRIGANTAGGIO



Vito Vincenzo Di Turi
Consulente Storico-Giuridico in materia di Usi Civici
 e Terre Civiche

Vito Vincenzo Di Turi




Per la presentazione del libro

Palagianello e il brigantaggio
Le vicende nei Comuni del Comprensorio
Terre delle Gravine
di
Giovanni D’Auria, Carmelo Luprano
ed Angelo Sponsale





Palagianello, Giovedi 26 settembre 2002


Aula Consiliare














Autorità, Signore e Signori,
era indecoroso sentire, anche dai nostri conterranei, che il nostro era un Comune senza storia, per lo meno quella scritta.
Questo vuoto nella storiografia di Palagianello va ora man mano colmandosi grazie alle ricerche di alcuni nostri concittadini ed a contributi di altri, come il prof. Orazio Santoro. Suo è Palagianello prima e dopo la rivoluzione napoletana del 1799.
Gli amici Giovanni D’Auria, Carmelo Luprano e Lillino Sponsale, con la pubblicazione dal titolo:

PALAGIANELLO E IL BRIGANTAGGIO

 

hanno aggiunto un nuovo tassello per la conoscenza della storia di Palagianello 

Grazie alle loro ricerche si è finalmente sollevato il sipario su una parte della nostra storia:
il brigantaggio
che per Palagianello si configura con quella tutta meridionale; poiché identiche sono le vicende che scatenarono il fenomeno.
Nella presentazione il prof. Mario Spagnoletti ha posto il dito sulla piaga e sintetizza i motivi ispiratori del fenomeno, mentre gli autori, fra l’altro, hanno fatto riferimento alla questione della ripartizione delle terre demaniali, oggetto, sin da epoca remota, di massicce usurpazioni da parte dei c.d. galantuomini che, in quanto a comportamenti, nulla avevano da invidiare agli ex baroni.
Della probabile connessione fra questione demaniale e fenomeno del brigantaggio in Palagianello ne avevo sentito parlare sin da piccolo, poiché Serafina Trisolini, sorella del c.d. brigante Pasquale Trisolini, è la mia bisnonna, ovverosia la madre di mia nonna materna, dalla quale ho avuto occasione di ascoltare le vicende intorno a questo avvenimento, molte delle quali hanno trovato riscontro nei documenti consultati, con certosina pazienza, dagli autori del volume che questa sera si presenta.
Sia pure nel breve tempo che la circostanza consente, dirò sommariamente delle nostre vicende demaniali, significandovi che il grado di credibilità è garantito da un vistoso apparato di documenti chiari ed inoppugnabili e da un’analisi dei fatti condotta, secondo il detto di Tacito, sine ira et sine studio, in altre parole senza prevenzione e senza partigianeria.
Con la legge eversiva della feudalità le proprietà dei baroni furono assoggettate al diritto comune e ai cittadini fu riconosciuto il secolare diritto degli usi civici sulle proprietà feudali.
Scopo di quella legge fu, fra l’altro, quello di convertire le terre feudali in proprietà allodiali, distaccandone una parte in favore delle comunità, sulla quale i cittadini esercitavano il secolare diritto di uso civico, con l’intenzione di attuare il principio che mirava al miglioramento agricolo ed economico degli abitanti, disponendone la suddivisione in favore della collettività.
Il Racioppi al proposito annota:
fu ordinato distaccarsi dalla proprietà feudale una parte delle terre, e questa parte venne attribuita al Comune non come patrimonio, ma come retaggio dei minori cittadini, a cui il Comune doveva trasmetterla. Queste porzioni distaccate dalle terre feudali in compenso degli usi civici, costituirono i beni demaniali del Comune, eredità futura dei nullatenenti…
L’operazione di suddivisione del demanio prese il nome di quotizzazione.
Per quanto riguarda Palagianello, ben tredici anni dopo la divisione in massa, ovverosia nel 1824, parte di queste terre furono quotizzate ed assegnate a 548 cittadini. 
 

Pianta della quotizzazione del demanio "Titolato" - anno 1824

 Con la quotizzazione, che nell’intenzione del legislatore doveva apportare un miglioramento agricolo ed economico degli abitanti, la realtà sociale dei cittadini di Palagianello non si trasformò sostanzialmente: la libera proprietà  che doveva costituirsi era già sull’orlo del fallimento per difetto di alcuni provvedimenti che regolavano la gestione dei demani civici.
Ciò produsse un grave squilibrio economico che, per alcuni - come quell’Angelo Ventrelli capo della Guardia Nazionale – fu fonte di ricchezza.
Appena sei anni dopo la quotizzazione -  con la quale, molto probabilmente, si volle coprire precedenti usurpazioni del demanio  - il sessanta per cento del demanio Titolato era in possesso di tre persone, mentre la quasi totalità di quello denominato Conocchiella era passato nelle mani di cinque persone, imparentate fra loro attraverso una rete incrociata di matrimoni -  vanificando la legge sulla divisione dei demani, che nella mente del legislatore bonapartista era di formare una classe di piccoli proprietari affezionati alla terra.
Si assisté, infatti, allo stravolgimento dello spirito e della finalità della legge.
La mancanza di incentivi e di sgravi fiscali, almeno fino a quando le terre quotizzate non avessero dato un minimo di reddito tale da permettere, specie per i più miseri, il pagamento del canone infisso sulla quota, dettero l’avvio alle manovre intese a spossessare i quotisti più indifesi, quasi tutti.
In questo contesto si verificò in maniera virulenta uno strano fenomeno: quello delle quote abbandonate.
Moltissime quote, infatti, risultavano stranamente incolte ed abbandonate ed il “Casciere” comunale fu costretto a registrare il mancato pagamento del canone che ogni originario assegnatario era tenuto a corrispondere al Comune.
In questa operazione grande peso ebbe  il Sindaco di Palagiano (è noto che dal 1806 al 1907 Palagianello è stato prima Comune aggregato e poi frazione di Palagiano) il quale, con un comportamento certamente non conforme alla legge,  assegnava graziosamente ed a suo piacimento le quote abbandonate a cittadini di Palagiano spesso possidenti ed amministratori, stravolgendo lo spirito della legge che aveva lo scopo di affrancare dall’indigenza, dopo secoli di vessazioni feudali, le misere classi rurali e non già di impinguare ulteriormente i possedimenti dei ricchi proprietari.
Con questi meccanismi perversi venivano concesse ai maggiorenti le terre pubbliche di Palagianello e questo avvenne sia in danno dei primi assegnatari, non sappiamo fino a che punto colpevoli di abbandono, e sia a discapito di altri cittadini di Palagianello che sarebbero potuto  essere favoriti dal sorteggio nella quotizzazione, poiché i terreni cosiddetti abbandonati dovevano ritornare alla massa demaniale per essere riassegnati ad altri cittadini.
Questo significò il passaggio delle quote demaniali nelle mani di pochi e la trasformazione dei quotisti da contadini poveri a “bracciali”, come si diceva allora, per la qual cosa le speranze e lo spirito innovatore che doveva apportare l’abolizione del feudalesimo non trovarono riscontro in quella realtà sociale, giacché l’idea di dare “la terra a chi la lavora” -  voluta e realizzata in parte nel periodo 1806-1825 - agli inizi della seconda metà dell’ottocento a Palagianello era fallita
Proprio in questo periodo si ebbe il rafforzamento del ceto dei cosiddetti “civili” e dei possidenti, in altri termini di quella piccola borghesia rurale che era costituita dall’ex fattore di campo, dall’ex massaro, dall’ex fittavolo poi possessore dei terreni civici per graziosa determinazione del Sindaco, peraltro espressione di quel ceto, le cui famiglie, sempre le stesse, si fecero strada sia nell’ambito delle attività economiche sia in quello delle cariche pubbliche, creando quella concentrazione monopolistica che andava sotto il nome di nuovo feudalesimo.
Qui questa nuova forma di potere, si innalzò a dignità di “categoria”, a fatto eterno e ricorrente, nel quale, da sempre si celebra la facile vittoria del prepotente sul debole.
In questa situazione, dopo la caduta della dinastia borbonica ed il Plebiscito del 1860 per l’Unità d’Italia, si scatenò anche in Palagianello il fenomeno del brigantaggio che certamente ebbe origini di natura politica ed economica, incrementato soprattutto dalla delusione che le classi sottoposte ebbero dal governo Unitario il quale aveva promesso benessere, riforma agraria ed emancipazione sociale ed economica.
Non fu così.
Le favolose promesse non furono mantenute.
Il governo unitario non capì, o non volle capire il fenomeno, creando fra cittadini un clima di sfiducia che è sintetizzato nella frase che Domenico Pugliese il 3 ottobre 1860 - discorrendo con Vitantonio e Francesco Aloisio nella bettola gestita da Paolo Trisolini, padre del “brigante” Pasquale Trisolini - pronunciò:

Vassi a far fottere Vittorio Emanuele
 e chi lo ha fatto sedere alla sedia

Su segnalazione  del Capo Sezione della Guardia Nazionale, Angelo Ventrelli, il Regio Giudicato del Circondario di Mottola, con sentenza del 21 gennaio 1861, condannò il Pugliese a sette mesi di prigionia ed al pagamento delle spese di giudizio per oltraggio al Re Vittorio Emanuele e irrisione del plebiscito.
Per aver or ora ripetuto quella frase, conto di non incorrere nei rigori della legge per lesa maestà.
Meglio - parafrasando il titolo di un libro di Marcello D’Orta in circolazione qualche anno addietro –
Io,  speriamo che me la cavo,
Grazie a voi tutti.
 Vito Vincenzo Di Turi

Atto di morte di Domenico Nuzzi

martedì 26 marzo 2013

Bosco "Serrapizzuta"



Vito Vincenzo Di Turi
Istruttore demaniale – Consulente Storico-Giuridico in materia di Usi Civici e terre Civiche
Iscritto nell’Elenco degli Istruttori e dei periti Delegati tecnici – Sezione storico-giuridico
(B.U. Regione Puglia 11 novembre 2004, n.135)

I cittadini di Palagianello sono proprietari di un ricco patrimonio boschivo:
“SERRAPIZZUTA”. ED E’ VERO!
Mi piace tanto ricordare a tutti i Palagianellesi, anche a quelli che sanno, che il bosco “Serrapizzuta” è di tutti i cittadini e non del Comune il quale, con riferimento al bosco, per essere l’Ente esponenziale, ha soltanto la gestione in nome e per conto dei proprietari, ovverosia i  cittadini, tutti, di Palagianello i quali, su quel terreno, hanno il diritto di esercitare gli Usi civici sia “Uti singuli” sia “Uti cives, come diffusamente esercitati in passato.
Dobbiamo sapere, tutti, anche quelli che conoscono, che il bosco Serrapizzuta è stato concesso in proprietà a tutti i cittadini (non al Comune) dopo la divisione in massa dei demani avvenuta per effetto dell’eversione della feudalità ed in compenso degli usi civici  che i cittadini naturali di Palagianello esercitavano su tutte le terre ex feudali.
Brevemente, affermerò che dopo gli avvenimenti della rivoluzione francese, con la legislazione napoleonica, il sistema politico-economico del Regno di Napoli fu sconvolto; furono emanate disposizioni radicali; il Diritto Feudale fu soppresso:

 la feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita ... . Tutte le città, terre e castelli...saranno governati secondo le leggi comuni del Regno. (art.1,  legge 2 agosto 1806, n°130).

La trasformazione istituzionale e sociale fu completata con altri successivi  provvedimenti.
Mentre la legge 2 agosto 1806, dichiarando abolita la feudalità con tutte le sue attribuzioni, colpiva il potere baronale nelle sue prerogative giurisdizionali e, in certa misura, nella sua stessa base patrimoniale, la legge 1° settembre 1806 sulla ripartizione dei demani promovendo un nuovo assetto delle terre, sia feudali sia comunali, dava un nuovo impulso al già avviato processo di privatizzazione e di chiusura delle terre comunali.
A seguito di ciò i feudi furono divisi:

  • ·-le difese comunali furono restituite ai cittadini e date in gestione ai Comuni sotto la denominazione di "Demanio Universale".
  • ·-una parte dei territori furono dichiarati demaniali ed assegnati ai Comuni in compenso dei diritti di uso civico che i cittadini esercitavano sul demanio ex feudale;
  • ·-l'altra parte rimase nelle mani dei baroni, ormai ex feudatari, a compenso di antichi titoli e/o di crediti maturati nei confronti del Regno.

Con l'ordinanza del 16 febbraio 1811, fu quantificata, in ragione della metà, la quota spettante al Comune di Palagianello in compenso degli usi civici su tutto il territorio ex feudale, mentre con quella 16 settembre 1811, il Procuratore Acclavio, nel fare proprio il verbale di misura e apprezzo di tutto il territorio soggetto a divisione, conferiva incarico all'agente ripartitore del distretto di Taranto, Carlo Fasano, di eseguire il distacco della quota di territori assegnati al Comune di Palagianello nella divisione in massa dei demani ex feudali.
Dopo quell'operazione al  Comune, quale Ente esponenziale e gestore delle terre assegnate alla popolazione (collettività),  fu destinato anche il bosco “Serrapizzuta” nel quale bosco, che peraltro non può cambiare destinazione d’uso, i cittadini di Palagianello hanno il diritto imprescrittibile, inalienabile, inusucapibile, incommerciabile di esercitare l’uso civico ovverosia, per semplicità, il diritto di raccogliere funghi, erbe selvatiche, erbe aromatiche, fare legna, passeggiare, camminare, godere dell’aria balsamica impregnata dai profumi dei pini, attingere acqua dai due pozzi (ancora esistenti?), pernottare (se possibile) ecc.
E se questo diritto è esercitato dal cives rispettando il bosco, nessuna autorità, dico nessuna può vietarlo.
                           
Va da se che l’Amministrazione comunale, quale Ente esponenziale, si deve far carico di un regolamento, sentito i cittadini, perché sia il bosco, sia i diritti inalienabili ed imprescrittibili dei cittadini stessi siano rispettati.
Questa, brevemente, molto brevemente la situazione storico-giuridica del bosco civico “Serrapizzuta” che, ripeto, è proprietà dei cittadini.
Ritornerò sull’argomento, se necessario, con maggiore incisione.
Castellaneta, 21 luglio 2008
Vito Vincenzo Di Turi 
                                          Chiesa Rupestre S. Lucia in una foto di circa 7 anni

lunedì 11 febbraio 2013

La “marina di spiaggia” di Palagianello ovvero “u carr d’la Cunucchjedd”



La “marina di spiaggia” di Palagianello
ovvero “u carr d’la Cunucchjedd


1.   U carr  della Conocchiella
Da un antico documento(1) i confini di Palagianello vengono cosi descritti:

“. . .et confinatas de feudo de Paliscianelli et infra fines deducendo infrascriptos fines in dicto territorio videlicet dal paretone infronte la gravina de Paliscianello per la spechia de monte calvo per la gravinella al loco dicto columbro de vito pampano ed dallà discender alo concho del S.ore et saglie verso mare per una finaida presso Sancto Joanne delli canali per lo fronte de la difesa de Sancto Felice per la fontana de troveraro (Trovara) per la fineta de machia interlizzi per mezo la difesa de Paliscianello a mare et per la marina allo fiume del Lato ed sale alla Lama de rio et si trova al dicto paretone. . .”


I confini come sopra descritti vengono richiamanti nell’apprezzo redatto dal Regio Ingegnere Luise Nauclerio compilato il primo settembre 1676 per incarico del Regio Fisco(2)  e riconfermati in un documento del 1688(3) .
Il Regio ingegnere Luise Nauclerio  così descrive in termini sintetici la posizione del territorio:

Gode questa terra lunga e spaziosa vista di campagna e mare, situata in luogo quasi piano fra due gravine, seu valloni, che d’inverno portano acqua da una parte per poca distanza; vi sono alcune piccole collinette, il suo aspetto è verso mezzogiorno dov’è il mare e ventilato da tutti i venti.
Il suo territorio principiando da Tramontana confina con un paretone sulla gravina di Castellaneta, all’incontro della città juxtra la difesa di Selvapiana della città di Mottola e dalla parte verso Levante continua da esso paretone in fino alla Specchia di Montecalvo, caminando verso mezzogiorno continua detto paretone sino al luogo detto Colombo di Vito Pampano juxtra li confini di Mottola e confini di Palagiano. Si estende dal detto Colombo di Vito Pampano sino alle Conche del Sigre.e da esse alla via di Taranto ed arriva alla Specchia della difesa di S. felice passa sopra la Cappella di S. Giovanni delli Canali e ti va sino verso mezzogiorno a sinistra sino ad un’altra Specchia ch’è sopra li Portini di Taverna (Trovara) e laminasi verso ponente per insino alla Fonte della Lama di Taverna dove vi è un termine di pietra con croce sopra; e caminando per libeccio si va per un altro limitare sino sopra la Fontana di Calce (Calzo) e di S. Maria di Lenne e si passa per un luogo dove si dice Macchiaterlizza e ti va sino ad una strada carrera che viene da Brudino (Bradano?) e traversa e Fontana Palombo dove terminano li confini di Palagiano. E cominciando per il territorio delle difese di Padule Montana (Palude Molitana) e Conocchiella della suddetta strada Carrera, caminando poco distante dalla fonte della difesa di Palagiano si va al Giogone di S. Nicola e mediante un pozzo d’acqua sorgente si va alla marina di spiaggia che va a Taranto e svolta sino alla bocca del fiume di Castellaneta, seu Lato, e da quelo luogo si entra alli confini di Castellaneta e camminando sopra si va alle Saline, dove si fa il sale del Reg° Fondaco di detta città, e per la riva del fiume di Castellaneta si va al paretone della Lama della Gravina di dove si è principiato la descrizione di detti confini che circuiscono tutto il territorio di Paligianello, quale circuito è di miglia diciannove in circa…(4).

Gli attuali confini, invece – salvo le modifiche, che poi diremo, ancora una volta apportate in favore del territorio di Palagiano nel 1907 – sono quelli determinati con verbale della presa di possesso dei demani assegnati a Palagianello a seguito della divisione in massa avvenuta in esecuzione della legge eversiva della feudalità, riportato nella “Topografia dell’ex Feudo di Paliggianello”(5) redatto in data 13 aprile 1811 dai periti Caramia Pietro, Costanzo Biaggio e Campanella Giuseppe i quali dovevano eseguire la sentenza emessa dalla Commissione Feudale il 20 giugno 1810, su ricorso del Comune di Palagianello contro l’ex feudatario, marchese di Santeramo.
In quel periodo gli interessi di Palagianello venivano curati dal Comune di Palagiano per la nota faccenda dell’aggregazione avvenuta nel 1806 per motivi demografici.
Certamente in quella causa Palagianello non fu ben rappresentata, se si tiene conto che la rinuncia da parte del feudatario di Palagiano all’ “Jus fidœ pascoli” – ripagata con la cessione di circa 617 ettari di territorio, peraltro, sempre contestata dai precedenti feudatari, i Domini Roberti, e che mai ottenne la sovrana sanzione – venne interpretata come cessione di territorio tra Comuni.
 Fino al 1806, epoca in cui Palagianello aveva ancora dignità ed autonomia quale “Universitas” quel territorio, che comprende la “Palude Molitana e otto carra”(6) nella Conocchiella, veniva considerato, ed era, tenimento di Palagianello che ne esercitava tutti i diritti, meno quello di possesso che, in virtù dell’accordo fra i due feudatari prima richiamato, si apparteneva al principe di Cursi che all’epoca era feudatario di Palagiano.
Come abbiamo appreso dai documenti Palagianello confinava a Nord con il Comune di Mottola, ad Est con quello di Palagiano, ad Ovest con la gravina di Castellaneta e a Sud con il mare; la sua estensione territoriale doveva essere di circa 206 carra pari a circa 4.950 ettari, invece degli attuali 4.327.
Il territorio rimase tale fino al 1811, quando già da  circa cinque anni Palagiano amministrava il patrimonio di Palagianello ed epoca della delimitazione del feudo da parte dei periti Campanella, Caramia e Costanzo i quali, incaricati della perizia ed apprezzo del demanio di Palagianello, tracciarono i confini in conformità ad indicazioni errate, e, forse, con riferimento ad una pianta in possesso del marchese di Santeramo che escludeva quella parte del feudo denominata Palude Molitana ed otto carra della Conocchiella, che, come abbiamo detto prima, era in possesso del principe di Cursi.
La vicenda infine va letta ed interpretata anche con riferimento alle risultanze dell’Archivio della Parrocchia San Pietro Apostolo di Palagianello, l’unica dell’epoca.
E’ da premettere, sia pure brevemente, che con la decadenza del potere dei comuni, l’unica possibilità per i cittadini di provare lo stato civile rimase affidata ai registri che, in obbedienza alle disposizioni del Concilio di Trento, i parroci erano obbligati a tenere.
I parroci, quindi, all’epoca erano i soli depositari dei registri costatanti tre eventi che nella vita umana hanno la massima importanza: la nascita, il matrimonio e la morte delle persone.
Ciò posto, bisogna affermare che la tenuta di questi registri, vale a dire battesimo, matrimonio e morte viene imposta al Parroco come dovere fra i più gravi e considerato che gli stessi hanno valore giuridico perché documenti pubblici ecclesiastici ed in quanto tali fanno piena fede per usi non religiosi.
Illuminante è l’atto di morte conservato nell’Archivio  Parrocchiale della Chiesa di San Pietro Apostolo di Palagianello:
“Palagianello, lì 17 maggio 1792
Dom.co Galeotta di Palagiano d’età sua d’anni 65 in circa si è trovato ucciso in questo tenimento e propriamente nell’otto carra e si è seppellito in questa Parrocchial Chiesa sotto il titolo di S. Pietro, onde in fede – Don Nicola Laino Arciprete Curato”.

Dalla lettura di questo documento si ricavano due importanti notizie:
·         la prima che le “otto carra” territorialmente si appartenevano a Palagianello;
·         la seconda che la morte, avvenuta fuori della cinta urbana, di un cittadino è stata riportata nei registri di morte della Parrocchia S. Pietro Apostolo di Palagianello che aveva giurisdizione su tutto il territorio del Comune di Palagianello.
Se, invece, le “otto carra” fossero appartenute a Palagiano il Parroco di S. Pietro non avrebbe usato la formula “. . . si è trovato morto in questo tenimento. . .”,  non solo, ma dell’evento non si sarebbe dovuto trovare traccia nei registri parrocchiali di Palagianello per difetto di giurisdizione che, in quella ipotesi, sarebbe ricaduto sotto quella della Chiesa Parrocchiale di Palagiano.
A nostro avviso l’errore, se tale lo si vuol considerare, fu commesso nella impostazione dei ricorsi dei due Comuni innanzi alla Commissione Feudale la quale, nel caso in esame, non sarebbe stata chiamata a decidere sui confini, poiché, nell’ambito delle sue attribuzioni, non rientravano quelle di pronunciarsi sulle eventuali azioni promosse tra comuni in materia di confinazione ed occupazioni di suolo anche di natura demaniale(7).
Il Decurionato di Palagiano conferì incarico perché innanzi alla Commissione Feudale venissero discusse le liti fra il Comune di Palagiano ed il principe di Cursi e tra il Comune di Palagianello ed il marchese di Santeramo, mentre in nome del comune aggregato Palagianello doveva essere chiamato in causa oltre al anche il principe di Cursi per la parte di territorio, ricadente in quello di Palagianello, in suo possesso, vale a dire le “otto carra e Palude Molitana”.
Così non fu, con la conseguenza che quel territorio venne salomonicamente diviso fra il principe di Cursi ed il Comune di Palagiano il quale innanzi alla Commissione Feudale si era sostituito al Comune aggregato Palagianello.
Indicativa è la circostanza che l’anno precedente le sentenze della Commissione Feudale, vale a dire nel 1809, per la divisione delle terre era stato ordinato la compilazione del catasto comunale, attraverso il quale, molto probabilmente, il Comune di Palagiano si appropriò di quella parte di terreno iscrivendolo a suo nome, dando luogo all’usurpazione di circa 617 ettari  territorio.
La correzione non venne fatta nemmeno quando, in presenza di molte usurpazioni di terre da parte di comuni ed abitanti ai danni di altri comuni, nel 1815 fu indetto un nuovo catasto comunale per rivedere il precedente e conoscere le occupazioni abusive.
E non poteva essere altrimenti, poiché a gestire “l’operazione catasto”, che per Palagianello era separato, fu sempre il comune capoluogo il quale aveva tutto l’interesse a non evidenziare l’abuso commesso ed anche per non smentire l’operato dei periti che, forse, avevano steso un velo sulle molte usurpazioni, in danno del demanio di Palagianello, già in atto da parte di cittadini di Palagiano, quasi sempre amministratori.
A conclusione di questa parte ci preme rilevare come in circa due secoli nessun amministratore Palagianellese si sia mosso al fine far restituire dal Comune di Palagiano quella parte del territorio di Palagianello acquisito al tenimento di quel Comune.
Nella eventuale controversia il Comune di Palagianello , certamente, ne uscirà vittorioso(8).
Vito Vincenzo Di Turi


[1]  - ARCHIVIO DELLA BADIA DI CAVA DEI TIRRENI – Arch. XCV, 44 – Manoscritto 5937.
[2]  - A.S.L. – Scritture delle Università e feudi di Terra d’Otranto.
[3]  - ARCHIVIO PRIVATO CARACCIOLO – Viglione-Santeramo – “Platea generale del Stato dell’Ecc.ma Casa di santeramo, Cervinara e Palagianello formata dal Rev. Michele Bozzi a XXII marzo 1688”.
[4]  -  A.S. L. – Scritture delle Università e feudi di Terra d’Otranto- Palagianello- 16/1.
[5]  - L’originale della tavola è conservato presso l’Archivio di Stato di Lecce.
[6]  - Ogni carra è pari ad ettari 24.69.40
[7]  - Decreto 6 dicembre 1808- “Intorno alla competenza della Commissione Feudale”.
[8] -  Il diritto del Comune sul territorio è imprescrittibile; pertanto in ogni tempo il Comune può rivendicare parte del suo territorio che, di fatto, senza titolo giuridico, sia stato aggiunto ad altro comune. (Consiglio di Stato – Parere – 26 giugno 1956, n. 403).