PALAGIANELLO: DALL’AGGREGAZIONE AL COMUNE DI PALAGIANO ALLA RICONQUISTATA AUTONOMIA, DOPO CENTO ANNI DI SUDDITANZA
L’AGGREGAZIONE
– Come si è avuto modo di accertare Palagianello, prima della sua
aggregazione a Palagiano, aveva autonomia amministrativa, quale Università, in virtù delle prammatiche di Ferrante primo d’Aragona, promulgate nella seconda metà del ’400.
A capo della Magnifica Università di Paligianello, come scritto in un antico documento, era il Sindaco coadiuvato da tre eletti.
Si legge in quel documento che
“.
. .si regge e governa questa Terra da un Sindico, tre eletti,
Camerlingo, Jurato, l’elezione de’ quali si fa da loro medesimi a 15 di
Agosto, mediante il consenso del Padrone” ([1]).
Il
Sindaco e gli eletti, le cui prestazioni erano gratuite con la sola
eccezione del Cancelliere che veniva retribuito con 6 ducati l’anno,
duravano in carica un anno cioè dal 1° settembre al 31 agosto dell’anno
successivo.
Il
giorno 14 agosto il Sindaco in carica convocava, a mezzo bandi, i
cittadini nella Chiesa Parrocchiale San Pietro Apostolo, che è di
proprietà comunale([2]), l’unica dell’epoca dove
per dare corso alle operazioni preliminari delle elezioni che avvenivano il successivo giorno quindici.
Dai
documenti consultati (atti notarili, atti preparatori alla formazione
del catasto onciario, corrispondenza privata dei Caracciolo, registri
parrocchiali, ecc.) peraltro carenti di notizie circa i nomi degli
amministratori, siamo riusciti ad individuarne alcuni dei quali ci piace
riportare i nomi in appendice a queste note.
Con
legge 2 agosto 1806, eversiva della feudalità, furono automaticamente
abolite insieme ai feudi le esili strutture amministrative delle
Università, di cui abbiamo accennato nell’introdurre l’argomento.
Il
riordino amministrativo, seguito alla citata legge napoleonica, aggregò
Palagianello al Comune di Palagiano di cui divenne frazione.
La
riduzione a quello stato di minorità in cui venne a trovarsi
Palagianello, che, come accennato precedentemente, da secoli aveva una
sua precisa ed autonoma posizione, sia pure nell’ambito dell’ordinamento
feudale, abbisogna di una spiegazione.
Lo storico Pasquale Villani([4]),
trattando dell’ascesa di nuove forze sociali, rivendica alla recente
storiografia meridionale l’intuito di aver focalizzato nello studio
della feudalità e della società del Regno delle due Sicilie, il processo
di lenta trasformazione nelle provincia durante il XVIII secolo, con
l’emergere accanto al baronaggio e negli stessi feudi in ogni centro
cittadino e nei grossi agglomerati rurali di una schiera di benestanti,
di proprietari, di nobili viventi, di civili, cioè di un particolare
tipo di borghesia agraria, gli antenati prossimi dei ben noti
galantuomini meridionali.
Palagianello
– in cui la feudalità fra le più oppressive, non aveva consentito il
nascere e tantomeno l’affermarsi di un sia pur piccolo nucleo borghese
agrario e civile – non venne nemmeno sfiorato da quel processo di
trasformazione.
Di
conseguenza nel momento applicativo della legge eversiva della
feudalità e la conseguente istituzione dei comuni, mentre Palagiano
aveva una classe borghese cui affidare incarichi amministrativi che,
sulla falsariga della prassi francese, erano conferiti a cittadini
benestanti, Palagianello ne era completamente priva e, conseguentemente,
oltre all’insufficiente popolazione (in altre parole meno di mille
abitanti), mancava dello stimolo necessario alla rivendicazione, nonché
dei destinatari da proporre ad un’amministrazione autonoma come,
peraltro, è dato riscontrare ai nostri giorni allorché, nella fase
esecutiva di provvedimenti legislativi, ottengono di più quelle comunità
le cui classi sociali esprimono elementi attivi e preparati.
La
nostra cittadina, quindi, era carente di un ceto borghese interessato e
capace di rivendicare ed ottenere la gestione amministrativa autonoma
e, per la durata di un secolo, non riuscì ad esprimere una sua classe
dirigente in grado di sensibilizzare la cittadinanza e le superiori
autorità sulle gravi e negative conseguenza sociali ed economiche
derivanti dal suo stato di dipendenza dal Comune di Palagiano, anche se
in Palagianello ha sempre funzionato una delegazione per lo Stato
Civile, l’ufficio di Conciliazione, la scuola e, fino al 27 febbraio
1887, la sede notarile.
Gli
avvenimenti del 1799 provocati dalle idee innovative diffuse ovunque
dalla Rivoluzione Francese, che indussero il timido Ferdinando IV ad
abbandonare la capitale del regno, non produssero solo l’eversione della
feudalità, diffusero anche sentimenti di uguaglianza e di libertà che,
con la Repubblica Partenopea prima e con il Regno di Bonaparte dopo,
tennero alti gli ideali patriottici di quanti preparavano l’indipendenza
d’Italia anche dopo la restaurazione borbonica.
Con
l’avvento della Repubblica Napoletana, gli echi delle nuove idee
propagandate dalla Rivoluzione Francese giunsero anche a Palagianello
portate da don Giuseppe Antonio Marinosci, mottolese, all’epoca
dimorante in Palagiano, il quale unitamente ad Antonio Montemurro,
Carmine Resta, Francesco Antonio Licomati, Francesco Saverio D’Oria, e
don Nicola Carmignano, imposero al Parroco, don Domenico Antonio
Goffredo, di far cantare in chiesa il “Te Deum”, ed ai cittadini di piantare l’albero della libertà([5]).
Non
si ha notizia dell’esistenza in Palagianello di società segrete, ma
certamente dopo il 1820 molti furono i cittadini che aderirono ai moti
rivoluzionari trasformando alcune abitazioni in luoghi segreti di
riunioni ed incontri con attivisti forestieri.
Tuttavia la nostra cittadina, nel suo piccolo, ha vissuto i grandi avvenimenti che portarono all’unità d’Italia.
Le
ricerche intorno ai movimenti politici del 1848 annotano per la prima
volta Palagianello per essersi tenute dimostrazioni e comizi cui
parteciparono certamente due patrioti:
-uno è Saverio Fanelli([6]),
originario di Massafra, che risiedeva in Palagianello sin dall’età di
due anni, quando il padre Giovanni, nel 1822, aveva assunto la condotta
medica.
Numerosi sono i documenti che attestano la sua residenza in Palagianello.
Dall’Archivio della Parrocchia San Pietro Apostolo-Registro delle Cresime- si apprende che
il
giorno 25 febbraio 1824, Saverio Fanelli delli coniugi Sig. D. Giovanni
Fanelli e D. Caterina Salamanca di Massafra di anni 2 circa fu tenuto
nella Cresima da D. Giuseppe Semeraro di Mottola.
Dalle
carte relative al sorteggio del 27 ottobre 1824 per l’assegnazione
delle quote demaniali, depositate presso l’Archivio di Stato di Lecce,
si rileva che a Saverio Fanelli di Giovanni, quale residente, fu
assegnata la quota n.281 del demanio Petrosa.([7])
Dagli atti di nascita del 1852 si ricava che Saverio Fanelli, di anni trenta medico cerusico, ha funzioni di testimone nella dichiarazione di nascita di Michele Martellotta.
Ancora
il registro delle Cresime, ci fa sapere che il giorno 21 gennaio 1855
Saverio Fanelli funge da Padrino al cresimando Nicola Libraro.
Nel
1857 risiedeva ancora in Palagianello, tant’è che la sua abitazione, il
giorno 19 giugno, fu oggetto di perquisizione da parte della
Gendarmeria Reale di Terra d’Otranto.
Nel
1860, con il grado di Tenente agli ordini del Generale Medici,
unitamente a Nicola Perrone di Laterza, raggiunse le truppe Garibaldine
in Sicilia dopo lo sbarco dei “Mille”.
-
l’altro è il Dottor Giuseppe Tateo, originario di Putignano (BA), che
aveva seguito la famiglia la quale conduceva in fitto la Masseria Parco
di Stalla in Palagianello.
Fervente patriota elesse la masseria – che può ritenersi la sede della sezione di cospiratori denominata “La Volpe” che aveva giurisdizione su Castellaneta e Laterza – a luogo di cospirazione.
Patrioti
come Saverio Fanelli di Palagianello, Nicola Perone di Laterza, don
Giacinto Infantino sacerdote di Montemurro in Basilicata, tra il 1848 ed
1857, erano assidui frequentatori della masseria.
Colpito
da una taglia di 5.000 piastre per la sua instancabile opera svolta
durante i moti liberali il Tateo, per sfuggire alla persecuzione dei
Borboni, fu fatto imbarcare da Brindisi chiuso in una botte e andò in
Grecia, secondo altri si imbarcò a Mola per Trieste, percorse la Francia
ed Inghilterra facendo dappertutto buona ed efficace propaganda per la
causa italiana.
Morto
Ferdinando II, sperava di ritornare finalmente alla sua terra e di
riabbracciare la madre, Maria Caterina Riccardi, ma la morte, nel giugno
1859, lo colse a Nizza, esule per amor di Patria. Fu sepolto nel
cimitero “Cimella” presso quella città.
Caduta
la dinastia borbonica con il debole Francesco II e dopo il grande
Plebiscito del 1860 per l’Unità d’Italia, altri avvenimenti colpirono la
nostra cittadina con lo scatenarsi del fenomeno del brigantaggio.
Certamente
questo fu un fenomeno che ebbe origini di natura politica ed economica,
ma che fu incrementato soprattutto dalla delusione che le classi
subalterne ebbero del governo unitario (piemontese) che aveva promesso
benessere, riforma agraria ed emancipazione economica e sociale, oltre
al notevole apporto dato dalle bande di delinquenti comuni che,
scorrazzando anche nell’ambito territoriale di Palagianello, creavano
nella popolazione uno stato di vero terrore che solo la decisa azione
della Guardia Nazionale riuscì a debellare.
La tradizione orale ci ha tramandato che :
“Palagianello paese degli ulivi dove i briganti sono ancora vivi”.
In
quest’ambito tre le figure che spiccano: Pasquale Trisolini, Domenico
Nuzzi e Giuseppe Marinuzzi; il primo condannato a vita, mori in carcere,
il secondo, invece, fu ucciso dalle forze dell’ordine in un’imboscata
il 29 novembre 1862 ed il terzo fu condannato a venti anni di lavori
forzati([8]).
Ed
intanto la gente di Palagianello continuava ad essere estranea dalle
discussioni e dalle competizioni politiche che si svolgevano a
Palagiano, poiché amministrativamente dipendeva ancora da quella
cittadina.
IL
DISTACCO – Solo agli albori del XX secolo, il malcontento per lo stato
di abbandono della frazione fece sì che tra la gente incominciasse a
balenare l’idea di separazione che sfociò in due richieste una di
distacco da Palagiano e aggregazione al Comune di Mottola e l’altra di
scissione e costituzione in comune autonomo.
Animatore
del primo fermento il Dr, Salvatore Masella, consigliere comunale in
rappresentanza della frazione Palagianello, che vide frustrata la sua
azione da una forte opposizione da parte del Consiglio comunale di
Palagiano che ricorse a tutti i mezzi per non approvare l’azione
separatista.
Così
il 24 maggio 1900 fu indirizzata a Re Umberto I una richiesta di
separazione da Palagiano e aggregazione al comune di Mottola che, dai
sottoscrittori, era giudicato più sensibile ai problemi di Palagianello.
La
proposta fu boicottata dagli amministratori di Palagiano che, a
differenza del Consiglio comunale di Mottola il quale si era pronunciato
sollecitamente ed unanimemente per l’annessione, alle reiterate
proteste del Masella e dei Consiglieri della Frazione, rispondeva
invariabilmente che nessuna comunicazione era pervenuta a quella
Segreteria Comunale.
Soltanto
il 15 ottobre 1901 il Masella, dopo aver scomodato finanche Giovanni
Giolitti, allora Ministro per l’Interno, mise di sua iniziativa la
proposta all’ordine del giorno dei lavori consiliari, costringendo il
Sindaco cav. Michelangelo Natale all’esame dell’argomento che, peraltro,
sfociò in una delibera la quale non era altro che un compromesso
accettato parzialmente dal Masella.
In quella seduta, dopo la lettura di un lungo manoscritto del Masella, il Consiglio deliberò:
Di non interloquire allo stato sulla domanda di segregazione de’ frazionisti di cui ancora il Comune non
ha legale conoscenza, e di concedere per l’anno 1903 la separazione del
Bilancio della frazione a condizione che i frazionisti ritirino la
inoltrata istanza al Governo del Re, per l’aggregazione al Comune di Mottola.
Finalmente
il 23 novembre 1901 il Consiglio comunale fu chiamato a discutere del
distacco ma, invece di una (quella del Masella) emersero ben tre
proposte: un lunghissimo ordine del giorno, un discorso letto dal
consigliere Serafino Sorace ed una relazione del Sindaco della quale ci
piace riportare un passaggio con riferimento alla richiesta aggregazione
a Mottola:
Che
. . .le doglianze della frazione si risolvono in puerili lamenti di una
traviata fanciulla, la quale, mistificata dalle lusinghe ippocrite di
un’ava che ha degenerato per mille e più generazioni sopravvenute e per
diversità di indole e d’interessi, sogna, poveretta, l’istituzione per
incanto, di giardini pubblici, di monumenti ecc., spingendosi sino al
delirio ed in questo rinnegando persino la sua stessa Patria!
Essa,
in vero, in vece di riconoscere di esser sorta dall’immigrazione degli
abitanti di Palagiano, onde ebbe a nome Palagianello, esordisce al
Governo appellandosi genuina figlia del monte!
. . .e tal sia di te, egregia consorella.
Di due cose però ti esorta la vecchia Palagiano: ricordati delle parole del poeta
il seduttor la vittima accarezza
non cedere al suo riso, egli non ama,
vuol nel fango piombar la tua. . .bellezza
Infine
una relazione tecnica dell’ing. Broja di Massafra, commissionata
dall’Amministrazione comunale a sostegno delle tesi del Sindaco e del
Sorace.
La
maggioranza consiliare non condivise le argomentazioni del Masella, ma
vi oppose contraddittorie giustificazioni di ordine tecnico ed
amministrativo dichiarando di:
Esprimere parere che la segregazione della frazione Palagianello da questo Comune non possa farsi senza violazione dei principi di diritto e di giustizia.
Infine
furono addotte contro la richiesta separazione ragioni estreme poco
plausibili, quali la maggiore distanza fra Palagianello e Mottola di
quella intercorrente tra Palagiano e Palagianello; Palagianello
emanazione di Palagiano come starebbe a dimostrare l’etimologia; la
inscindibilità dei due centri perché tutti i beni demaniali sarebbero
stati concessi ab antiquo all’Ente Comune Palagiano; ed infine che, con
la separazione, Palagiano sarebbe diventato
Comune tisico ed annientato finanziariamente.
Certamente
il distacco sarebbe stato preceduto da una verifica contabile e
patrimoniale le cui risultanze, poi, avrebbero formato oggetto di
valutazione per una definitiva decisione sulla richiesta separazione.
Ma verifica significava accertare, pure, eventuali abusi, accertare – cosa che divenne quasi impossibile successivamente([9]) -
come gli amministratori avevano gestito le risorse ed il patrimonio
dell’Ente; così il Consiglio comunale di Palagiano rimase sordo alle più
che giustificate aspirazioni dei cittadini della frazione.
Il
problema era maliziosamente eluso e rinviato a colpi di maggioranza, ma
certamente non risolto a favore di Palagiano perché l’iniziativa degli
elettori di Palagianello, fortemente sostenuta dal dott. Masella che si
aspettava dall’annessione al Comune di Mottola
quei benefici e quei miglioramenti che da Palagiano non poteva ottenere,
non
era stata vana; dopo qualche anno, dal ristretto numero di cittadini ,
tanti quanto per il loro censo godevano dei diritti politici, l’esigenza
della separazione da Palagiano penetrò e si diffuse in più vasti strati
della popolazione acquistando più larghi consensi ed assumendo aspetti
più radicali.
VERSO
L’AUTONOMIA – Al contrario di quanto era accaduto per quella del dott.
Masella – che, forse, era soltanto un disegno perseguito dagli agiati
contribuenti ed elettori di Palagianello, i quali nell’operazione di
separazione da Palagiano e aggregazione a Mottola credevano di aver
scoperto l’alchimistico rimedio universale con cui era possibile ridurre
o sopprimere le tasse e le sovrimposte (apportando benefici) e, nello
stesso tempo, provvedere alla sistemazione stradale, edilizia, idrica,
sanitaria e alle altre esigenze della cittadinanza (producendo benefici)([10]) che,
pur con l’appoggio valido di un rappresentante della Frazione, tra
rinvii, discussioni, ordini del giorno di varia provenienza, mai ebbe
esito favorevole – la proposta di distacco e costituzione in
Comune autonomo ebbe corso relativamente celere, grazie al movimento che
si era creato intorno ad essa, caldeggiata da Davide Lenge([11]) che, originario di quel di Ginosa, dimorava in Palagianello.
Era
accaduto che fra alcuni cittadini di Palagianello, non sappiamo da
quando con precisione, era iniziata ad introdursi il pensiero socialista
che oltre ad inculcare l’idea autonomistica, spinse i cittadini ad
interessarsi della cosa pubblica, fino allora monopolio quasi esclusivo
di poche persone di Palagiano.
Con
l’accentuarsi dei contrasti sociali, che seguirono alla crisi economica
ormai dilagante in tutto il Salento verso la fine del secolo scorso,
per iniziativa dell’Avv. Edoardo Sangiorgio – che già nel 1892 aveva
aperto un circolo socialista in Taranto – furono costituite in
Palagianello, Castellaneta, Ginosa e Palagiano leghe dei braccianti e
dei contadini poveri, cui seguì, agli inizi del novecento, la formazione
di un nucleo di socialisti composto di braccianti agricoli, quasi tutti
potatori, i quali, per ragione di lavoro, erano costretti a recarsi
nelle masserie dell’agro di Castellaneta, Laterza, Ginosa, ed altri
comuni.
Nel
gruppo emergeva il Signor Giuseppe Di Fonzo, anche se non si poteva
parlare di vera e propria organizzazione, per la mancanza di un elemento
che coordinasse e dirigesse seriamente e con forza le azioni e le
aspirazioni dei compagni.
In effetti, gli operai potatori erano uniti nella loro idea più per rivendicazioni di carattere sindacale che politico.
Per
loro si trattava di modificare l’orario di lavoro oltre a rivendicare
un giusto salario, auspici molto sentiti dalla stragrande maggioranza
della popolazione.
Da
una parte, infatti, c’erano i grossi agrari i quali detenevano quasi i
due terzi di tutto l’agro comunale, dall’altra gente povera ed affamata([12]).
Si
pensi che all’epoca gli operai, per raggiungere il posto di lavoro,
erano costretti a percorrere, a piedi e chi li possedeva con l’asino
oppure con il traino sino a trenta chilometri fra andata e ritorno in
Paese.
Dalla
nonna materna, Lippolis Maria Giuseppa, abbiamo avuto, giovane
studente, testimonianza sulle vicissitudini giornaliere degli operai
potatori i quali partivano all’alba, per ritornare intorno alle ore
diciannove, quando andava bene, mentre i salariati ed i pastori
rientravano in paese ogni quindici giorni; si può immaginare, pertanto,
come il nuovo verbo gridato dai socialisti fosse ben accetto a tutta la
popolazione rurale la quale, peraltro, non intraprese alcuna campagna di
odio verso le altre classi sociali e contro la fede.
Alcuni
operai, fra i quali Gaetano Terzuoli, Giuseppe Di Fonzo, mio nonno
materno Giulio Murgiano ed altri che, per ragioni di
lavoro frequentavano l’agro di Ginosa([13]),
conobbero Davide Lenge il quale, trasferendosi in Palagianello, si pose
alla testa dell’informe gruppo di ispirazione socialista, apportando
sicuramente utilità alla massa dei contadini che finalmente aveva alla
sua guida, sia pure a costo di rilevanti contributi, una persona
piuttosto istruita, nella considerazione del fatto che il Lenge aveva
compiuto i suoi studi in seminario e in seguito, per disavventure
coniugali, si era dato alla politica.
Da
informe qual era, senza alcun serio programma di proselitismo e di
lotta, il gruppo, con la presenza a Palagianello del Lenge, ricevé una
forte spinta tutta tesa a comporre un’organizzazione contadina di
orientamento socialista nell’ambito territoriale.
Il
Lenge seppe imporsi subito all’attenzione della cittadinanza, poiché
come suo primo atto impostò il problema dell’autonomia di Palagianello
tanto che il primo Consiglio comunale alla sua seconda deliberazione([14]) volle conferirgli la cittadinanza onoraria.
Contestualmente
al problema dell’autonomia furono impostati ed attuati due questioni –
strettamente collegati fra loro – di carattere socio-politico, vale a
dire la costituzione della Lega dei Contadini e la Cooperativa di
Consumo fra i Lavoratori di Palagianello([15]) le cui cariche sociali erano così distribuite:
-Direttore: Gaetano Terzuoli di Nicola;
-Consiglieri
di Amministrazione: Francesco Francavilla fu Pasquale, Giulio Murgiano
fu Carmelo, Angelo Gigante fu Luigi e Antonio Donvito fu Vincenzo;
-Sindaci: Angelo Piepoli fu Donato; Pietro Marinuzzi di Giovanni e Vincenzo Carpignano fu Giacomo;
-Sindaci Supplenti: Carmine Chiulli di Francesco e Leonardo Gasparro di Giorgio;
-Probiviri:
Nicola Tangorra fu Francesco, Graziantonio De Castro fu Filippo,
Giovanni Lippolis fu Luigi e Paolo Trisolino fu Giovanni;
-Magazziniere: Mazzarrino Giuseppe fu Guglielmo;
-Cassiere: Vincenzo Mappa fu Nicola;
-Segretario: Michele Tamburrano fu Martino;
-Vice Segretario: Cosimo Capone fu Giacomo.
Mentre
le questioni socio-economico erano affrontate subito, quella
dell’autonomia, invece, trovava le resistenze degli Amministratori di
Palagiano che, dopo molti rinvii, finalmente, posero all’ordine del
giorno, discusso dal Consiglio comunale nella seduta del 9 ottobre 1906,
la domanda degli
elettori di Palagianello per la costituzione della frazione in Comune autonomo.
Questa
proposta, come le precedenti, ebbe intralci, con vari cavilli di ordine
procedurale da parte dei consiglieri di Palagiano al fine di far
invalidare la riunione per non discutere la richiesta di separazione ma,
per non incorrere in eventuali illegittimità, il Consiglio comunale, su
iniziativa della maggioranza, invertì l’ordine del giorno e si riservò
di adottare altra deliberazione, naturalmente in una seduta successiva,
per disciplinare la divisione del patrimonio e delle spese.
I
tempi erano ormai maturi, l’argomento non poteva essere ulteriormente
rinviato, anche perché sia il Consiglio comunale di Palagiano sia quello
provinciale si erano espressi per la separazione, sicché il 24 aprile
1907 il deputato On. Giuseppe Alberto Pugliese([16]) illustrò la sua proposta di legge alla Commissione parlamentare che, all’unanimità, si espresse favorevolmente.
La
proposta fu discussa ed approvata a larga maggioranza, dalla Camera dei
Deputati nella seduta del 6 maggio 1907, mentre al Senato l’argomento,
che ebbe soltanto 48 voti favorevoli su 77 senatori presenti e votanti,
fu trattato il 4 giugno dello stesso anno.
Orbene,
se alla Camera l’argomento fu approvato senza discussione, non
altrettanto scontato fu invece al Senato il quale sulla relazione del
Senatore Carafa D’Andria, che aveva fatto propria quella presentata alla
Camera dall’On. Pugliese, aprì un ampio dibattito sulla proposta.
Alcuni
senatori investirono della questione persino il Governo, allora
presieduto da Giolitti, chiamandolo a fare dichiarazione di
responsabilità sulle tante richieste di separazione e divisione di
Comuni.
I
timori erano che, una volta ottenuta l’autonomia, le frazioni non
sarebbero state in grado di autogovernarsi per mancanza di mezzi.
In
proposito il sen. Francesco Buonamici, professore di diritto a Pisa, in
un suo intervento manifestò grossi dubbi sulle capacità amministrative
ed economiche dei piccoli comuni i quali, ormai, non erano più quelli di
una volta, ossia, non erano l’unione di padri di famiglia che dovevano
amministrare i loro averi con prudenza e che facevano poche spese,
mancavano, a suo dire, in molti casi
Dopo
l’approvazione dei due rami del Parlamento fu emanata la Legge 6 giugno
1907, n. 318 che sanciva la ricostituzione del Comune di Palagianello([18]).
Intanto la frazione non dormiva.
Per tutelare gli interessi di Palagianello nel progetto di distacco fu costituita una Commissione composta da Giuseppe Carbotti([19]),
Michele Tamburrano e Francesco Libraro i quali, dopo varie riunioni ed
incontri con gli Amministratori di Palagiano, presentarono apposita
relazione.
Il distacco comportava, oltre alla divisione del patrimonio, anche la delimitazione dei confini([20]) che
fu curata dall’ing. Vito Luisi, mentre il progetto di riparto delle
attività e passività fu redatto dal Vice Ragioniere della Prefettura
Giovanni Vento.
Le
proposte, dopo essere state approvate dal Consiglio comunale di
Palagiano nella seduta del 23 novembre 1907 e dai rappresentanti della
Frazione il giorno 30 dello stesso mese, furono riportate nel Decreto
Reale del 23 febbraio 1908.
Finalmente
il 16 aprile 1908 il Regio Prefetto di Terra d’Otranto nominò un
Commissario, nella persona del sig. Luigi Capriulo di Castellaneta, il
quale curò l’impianto dell’Ufficio comunale del nuovo Ente e la fase
preparatoria delle elezioni generali per la nuova rappresentanza
consiliare che avvennero il giorno 3 maggio 1908.
A conclusione delle operazioni di voto il Commissario Capriulo telegrafò alla Sottoprefettura di Taranto che:
“Terminata ora elezione costituzione seggio definitivo con riuscita partito popolare”.
Finalmente, dopo oltre un secolo di sottomissione, Palagianello ritornò all’autogoverno.
Copyright © by V. Vincenzo Di Turi-2010
La riproduzione è interdetta se non sia citata la fonte
Vito Vincenzo Di Turi
P.S. - Nel 1982,
autorizzato dalla Sovrintendenza Archivistica, ebbi occasione di visitare
l'Archivio comunale di Palagiano ove, fra le altre notizie (scarse), rinvenni
il volumetto dal titolo:
LA SUPERBIA UMILIATA
ovvero DIGITUS DEI EST HIC che percuote
per mezzo dell’Ill.ma Corte d’Appello delle Puglie sedente in Trani LA
COCCIUTAGGINE degli sviati Amministratori di Palagiano per Pasquale NATALE-
Taranto- Tipografia di Ruggiero Parodi-1885
Qualche anno fa, per
documentare una relazione sono ritornato in quell'archivio, purtroppo il
volumetto era sparito (chissà quale mano ha ritenuto di prenderlo!).
Il proprietario di
quella mano (quella ignota mano cosa voleva nascondere?) forse non conosce l'esistenza delle
biblioteche. Ed infatti sono bastati
pochi euro per averne copia.
Ora, per la serie "per non dimenticare" ritengo
opportuno pubblicarlo,
a futura memoria
poichè
"All'0rigine
di tutte le grandi ricchezze ci sono cose che fanno fremere"
(Louis
Bourdalou - predicatore francese 1632-1704